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La formazione militare delle ragazze. Ottima marmellata d’arance

Buon 2012, che sia un anno radioso!
E per ingraziare un buon anno ecco a voi il primo capitolo di un grandioso romanzo epico.
La prossima settimana la seconda puntata.

La formazione militare delle ragazze.

Capitolo primo
OTTIMA MARMELLATA D'ARANCE

I seni della ragazza stesa nuda sul letto erano tondi in modo impressionante. Ma il movimento che facevano sospinti dal suo respiro mi facevano escludere che fossero finti.
La stanza era grande e semivuota. C’erano il grande letto, un tavolino, una sedia e un armadio antico costruito con tavole sbozzate. Alto come una persona, si stringeva salendo. Il pavimento era di assi accostate munite di incastro. Legno chiaro. Probabilmente acero. Le lenzuola erano bianche e il piumone color panna, ammassato, era sul bordo più lontano del letto e un lembo pendeva fino a toccare il pavimento. C’era una finestra con gli infissi verniciati di bianco. Le pareti era color sabbia chiara. A destra, lungo il muro, al centro, c’erano una cinquantina di libri disposti di costa, come fossero in una libreria pensile.
Lei mi disse: “Raccontami tutto!” La sua voce era morbida e piena, con i suoni leggermente scivolati, quel tanto da renderla sensuale senza farla sembrare una bambina.
In effetti non conosco una parola che identifichi il timbro della sua voce. O forse era il modo di pronunciare le parole che la rendeva particolare. Era una voce che sembrava uscire da una creatura estremamente delicata ed elegante. Ma sapevo che lei poteva essere più dura di uno spigolo urtato al buio di notte, mentre cerchi il bagno in una stanza di albergo della quale hai perduto la mappa.

Questo probabilmente è il punto migliore dal quale iniziare a raccontare quello che è successo.
Quella stanza, quella ragazza con la pelle morbida come un’ombra estiva.
Quella ragazza che muoveva gli occhi come se fosse un premio. Per un eroe. Una pausa, dopo l’ultimo, complicato, ciclo karmico.

La storia non è semplice da raccontare, sennò non starei qui a far girare il cane nel cortile. A giocherellare con l’impugnatura del martello. A vendere frigoriferi agli eschimesi, a contare i piccoli ruminanti…
Che poi le pecore non ruminano…

Era tutto abbastanza normale, nella mia parte di mondo.
Conducevo la mia vita ORDINARIA, quasi convinto di avere solo quella.
Poi improvvisamente mi trovai coinvolto in un sogno, in una telefonata, in una marmellata di arance e dovetti fuggire e poi la ragazza con i capelli riccioli, neri, mi salvò.
In un certo qual senso.

Il sogno era stato molto particolare.
Secondo la mia personale classificazione esistono 4 tipi di sogni.
I sogni standard dove succedono una serie di cose strane che ti lasciano magari perplesso ma non di più. Magari te li ricordi al mattino ma poi scompaiono.
Ci sono gli incubi. Che poi te li ricordi.
Ci sono i sogni nei quali improvvisamente sei cosciente, dentro il sogno, e le cose vanno abbastanza bene. Questi sogni non li ricorderai a lungo.
Ci sono sogni nei quali tutto va male. Tu sei cosciente del sogno e non hai paura.
Ci sono i sogni durante i quali non sei cosciente di sognare, ma mentre sogni pensi a quel che stai vivendo e commenti tutto nella tua testa che sogna.
Ci sono infine sogni che vivi con un’emozione fortissima. Non sei cosciente ma ti rendi conto di vivere un’esperienza estremamente definita, i tuoi sensi captano un’infinita complessità di colori. Super colori. Vividi. E sensazioni emotive, dentro, forti.
Sono sogni che sembrano doverti dire qualche cosa. E ti svegli e contempli le sensazioni che ti hanno lasciato e sai che l’evento onirico conteneva un’informazione essenziale. Ma spesso questa informazione ti sfugge.
Avevo detto che ci sono solo 4 tipi di sogno. Invece ho scritto una lista di 6. Me ne scuso (di correggere quel che ho scritto non se ne parla. Ho paura che se lo facessi perderei qualche cosa di quel che devo raccontare).
Io sognai una donna. Sempre donne. Ho un debole in questo settore. Questa donna mi disse: “Timbuktù è assediata. Timbuktù la profumata. Vieni a salvarmi. I Kung non lasceranno vivo nessuno!”
Mentre sognavo mi dissi: “E’ tale quale al messaggio olografico di Guerre Stellari. La principessa che chiede aiuto allo yedi”.
Era quello il particolare che mi colpiva di più mentre sognavo.
Mi svegliai con quella sensazione.
Il tavolo del mio soggiorno, cucina, camera da letto, era ingombra di un’orda di cose che non avrebbero dovuto stare lì tutte assieme. Ricavai uno spazio libero sgombrando un po’ di piatti, bicchieri, libri, dvd, fogli di carta, giornali, capi di abbigliamento spiegazzati.
Mentre stavo immergendo accuratamente un panino caldo cosparso di burro fresco e marmellata di arance biologica, dentro un the verde, battei sui tasti del portatile “Timbuktù la profumata” E trovai subito, al primo posto, sulla pagine del motore di ricerca planetario, “Timbuktù la profumata è sotto assedio!”
E sotto, in caratteri più piccoli: “Michele Kandinsky ti prego, aiutami. Questo messaggio è per te.”
E subito mi sentii una roba allarmante, come una serie di brividi freddi, lungo la nuca, verso il basso.
Io in effetti mi chiamo Giovanni Lanzacurte. Ma sono anche Michele Kandinsky, solo che non lo sa nessuno. Dai tempi del liceo scrivo e riscrivo una storia noir abitata da un investigatore privato senza licenza che gira con una pistola di piccolo calibro e una mira perfetta.
Un romanzo mai terminato che non ha letto nessuno.
Quindi trangugiai un gran boccone di pane caldo, burro e marmellata di arancia e cliccai per aprire la pagina.
Per inciso a essere fedeli al vocabolario stavo mangiando una confettura. Che non è esattamente marmellata e neanche gelatina di frutta. O forse era veramente marmellata… Non so, mi sono dimenticato la differenza.
Ma CONFETTURA mi dà l’idea di una con il culo stretto e la bocca nella stessa posizione.

La pagina si aprì. C’era una scritta grande: “Giovanni: rispondi al telefono!”
Giovanni sono sempre io.
E poi il telefono squillò. E come sequenza devi ammettere che è da film horror anni settanta.
Ecchemminchia!

Rispondo al telefono e una voce di donna, un’altra ancora, mi dice: “La polizia sta per fare irruzione a casa tua. Non sono poliziotti veri ti vogliono ammazzare. Scappa subito!”
“Ma chi è che parla?” Ansimai io colto alla sprovvista con la marmellata tra i denti.
“Cos’è con non capisci SCAPPA oppure TI VOGLIONO AMMAZZARE?”
Aveva visto troppi thriller ambientati alla Garbatella.
Bofonchiai. Non sono mai stato bravo a rispondere al volo.
Non sono un battutaro. Li ho sempre invidiati quelli…
Comunque io sono una persona prudente.
Così esco di casa.
Lascio giù il cellulare perché scappare col cellulare è da coglioni. Ti beccano col satellite e ti fotografano il buco del culo anche se stai a gambe strette.
Prendo su un coltello però. Un serramanico con le guance di legno colorato e la lama di 15 centimetri con l’incisione: “Coltello della vendetta corsa.” Non sono corso ma li ammiro. Gente determinata. Io sono di Alessandria. Alessandria che è in Piemonte, in un posto dove la nebbia nasconde le inondazioni. In certi periodi è meglio se vai in giro ascoltando la radio e rispettando i limiti di velocità. Sennò rischi di finire in una palude che un’ora prima non c’era. Ovviamente questo succede se vai in auto. A piedi fai tempo ad accorgertene che la strada è finita.
Misi nella tasca sinistra del giaccone color cielo nuvoloso di sera anche tre scatolette di tonno. A lanciare non me la cavo male.
In via prudenziale.
Invece di prendere l’ascensore scendo per le scale. Non esco dal portone, giro a destra e mi trovo in cortile. Lo attraverso, entro nel retro del bar che sta all’angolo.
Un bar etnico che cucina kebab e ha foto dell’Egitto alle pareti. Saluto Miriam, che come al solito sorride. Benedetta ragazza. Esco in strada giusto in tempo per vedere due auto sfrecciare. Oltre l’angolo inchiodano. Mi sporgo oltre il cantone della casa e guardo verso il portone del mio palazzo. Le due auto sono lì davanti e un nugolo di uomini armati sta saltando giù.
Non mi serve di vedere altro e prendo la direzione opposta.
Il sangue mi pulsa in gola.
Faccio un breve riepilogo della mia vita e certifico che non c’è nessun motivo plausibile perché la polizia o qualunque forma di organizzazione militare, legale o illegale ce l’abbia con me.
Sono una persona che conduce una vita ordinaria.
E’ vero che faccio sogni strani e scrivo segretamente un romanzo che non sono mai riuscito a finire. Ed è vero anche che in questo romanzo succedono eventi incredibili e forse morbosi. Ma non abbastanza da provocare qualunque tipo di interesse da parte di chicchessia. Quindi posso solo pensare a uno scambio di persona. A una terribile omonimia. Un malinteso. Ma ho visto abbastanza film americani per sapere che prima di consegnarsi a una qualunque forza umana organizzata è meglio avere le idee chiare, un buon avvocato e possibilmente l’appoggio esterno dell’aviazione militare americana.
Non che ci abbia mai provato. Ma sognare è gratis, e preferisco immaginarmi in una situazione difficile, confortato da un migliaio di marines armati pesantemente e con l’appoggio dei caccia.
I missili intelligenti danno un certo conforto anche se, in fin dei conti, non sono poi così intelligenti.

Comunque percorro a piedi circa 500 metri, badando bene a non accelerare il passo, continuare a respirare, a non muovermi in modo scomposto, a non fare la faccia da pazzo e non parlare da solo. Cammino come una persona ordinaria in un giorno qualsiasi, mentre va o torna dal lavoro, dalla spesa o da un incontro sentimentale. Cammino e basta. In modo neutro.
Cerco di essere solo un frammento della folla non identificata.
Poi arriva una ragazza a bordo di uno scooter. Ha il casco integrale dal quale spuntano capelli lunghi, ricci e neri.
Mi dice: “Sali!”.
“Dove?”
“Come dove?!? Su questo motorino!”
Non devo avere l’espressione intelligente. Evidentemente ero sotto shock.
“Tutto va troppo veloce!” Dico io.
Quando le cose vanno troppo veloci a volte fermarsi è meglio.
La ragazza alza la visiera bluastra. Mi guarda negli occhi.
Noto che ha un contorno di rimmel.
Mi dice: “Non c’è tempo. Scegli. O sali o me ne vado e ti arrangi.”
A volte le cose corrono ma non c’è tempo per rallentarle.
Salgo dietro di lei e mi attacco ai suoi fianchi mentre parte veloce ma senza sgommare. E senza sgasare. Profilo basso.
Dopo due chilometri di traffico nel quale zigzaga si ferma di fronte a un bar. Mi passa una borsa da ginnastica blu. Mi dice: Vai nel bagno degli uomini e cambiati. Lascia giù tutto, dalle mutande al cellulare. Non portarti niente. Ripasso tra 5 minuti esatti. Se non ci sei me ne vado.” E si ributta nel traffico.
Soppeso la borsa blu. E' leggera, evidentemente non contiene una bomba.
Entro nel bar. Il bagno è in fondo alla sala. Scelgo il bagno delle femmine. Quando non capisci cosa succede è meglio se non segui fedelmente il copione. Segui l’istinto.
Mi cambio. Conservo solo il coltello e le tre lattine di tonno. Lì di sicuro non ci hanno messo microspie.
Dopo 5 minuti sono sul marciapiede con la borsa in mano.
Lei arriva: “Non hai buttato la borsa.”
“Non me lo hai detto.”
Prende lei la borsa. Io salgo dietro e le cingo i fianchi.
E' piacevole. Si mette la borsa blu tra le gambe. Parte. Dopo mezzo minuto a un semaforo appoggia la borsa nel cassone di un triciclo con il cassone, carico di rottami. Rottame più rottame meno...

 

INDICE CAPITOLI

Capitolo 1 Ottima marmellata d’arance

Capitolo 2 Ragazze educate

Capitolo 3 Una situazione complessa

Capitolo 4 Agguati mentali

Capitolo 5 Eventi indecifrabili

Capitolo 6 La Fratellanza

Capitolo 7 Nera. Ma quanto nera?

Capitolo 8 Il tripudio della confusione

Capitolo 9 La Fortezza

Capitolo 10 Scatole dentro scatole dentro scatole

Capitolo 11 La Polizia Alchemica

Capitolo 12 Fisso il pensiero fisso

Capitolo 13 clicca qui

Capitolo 14 clicca qui

Capitolo 15 clicca qui

Capitolo 16 Pinin

Capitolo 17 Fine