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È morto Vincino. Panico in Paradiso

Era il 1976, Gad Lerner mi disse che al quotidiano Lotta Continua serviva un sostituto per Vincino che doveva andare in vacanza. Così arrivai nella sede del giornale con tipografia annessa, la porta vigilata da alcuni compagni del servizio d’ordine. C’era uno strano direttore, Enrico Deaglio, medico che di mattina prima di iniziare a fare il giornalista visitava i redattori malati, facendoli sdraiare sui tavoli e poi prescriveva medicamenti.

Vincino mi venne incontro con quel suo sorrisone, era grande e grosso e mi fu subito simpatico, spettinato con i vestiti raffazzonati, mi invitò quella sera stessa a cena. Abitava in una viuzza fetida nella zona dei Fori Imperiali, l’ingresso della palazzina era buio e sporco e io iniziai a temere di dover mangiare schifezze in un antro putrido. Vincino suonò alla porta del primo piano e quando si aprì restai a bocca spalancata vedendo una ragazza di una bellezza scioccante: Giovanna Caronia, sua moglie, che mi offrì pure una fantastica cena siciliana. Poco tempo dopo fummo chiamati a lavorare ai Quaderni del Sale da Pino Zac, il grande maestro che tornava in Italia dopo anni di fuga in Francia per una serie spaventosa di denunce per oltraggio a qualunque cosa. Fui io a trattare sui soldi con l’editore, anche per Vincino.

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