Mafia, l'industria della paura

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MAFIACarissimi,
questa settimana vi presentiamo un nuovo libro edito dalla Nuovi Mondi, “Mafia, l'industria della paura”, scritto da Jacques de Saint Victor, collaboratore de Le Figaro e docente di Storia delle idee politiche all’Universita' Paris VII.
Per una volta l'informazione indipendente della Nuovi Mondi viene a casa nostra, Jacques de Saint Victor ci conduce infatti nei meandri della piu' grande azienda italiana per fatturato: la Mafia.
Due i grandi cambiamenti che questa “industria della paura” ha subito negli ultimi anni: “innanzitutto, la capacita' di frange specifiche della classe borghese di compromettersi con il crimine organizzato per la prosperita' dei propri affari. In secondo luogo, la trasformazione della mafia stessa che grazie alle proprie ricchezze riesce a uscire dal suo ghetto criminale e a trasformarsi in borghesia “rispettabile”. In questo e' aiutata dallo spirito del tempo, poco attento alle questioni etiche e piu' preoccupato dalla riuscita visibile, dalla consacrazione mediatica.”
Per molti questo libro racconta una storia sconosciuta.
Sarebbe un gran romanzo... se non fosse che e' tutto vero.

“L'etica e' il limite del perdente,
la protezione dello sconfitto,
la giustificazione morale per coloro che
non sono riusciti a giocarsi tutto
e vincere ogni cosa”
(Roberto Saviano, Gomorra)

CORLEONESI E CASALESI
I piccoli abitati di Corleone, nel cuore della Sicilia, e di Casal di Principe, in provincia di Caserta, non hanno apparentemente molte cose in comune. Il Comune siciliano, situato a una cinquantina di chilometri da Palermo, e' celebre nel mondo intero per via del “Padrino” di Francis Ford Coppola. Il film ha fatto del nome del paese una sorta di sinonimo di mafia, ed e' d’altronde nei dintorni di questa stupefacente cittadina, costellata di chiese e sovrastata da due impressionanti rupi, di cui una ospita un monastero francescano, dove e' stato catturato, nel 2006, il “capo dei capi” Bernardo Provenzano, segno che la mafia e' ben lungi dall’essere scomparsa dalla zona. Al contrario, il borgo di Casal di Principe, in Campania, non diceva niente a nessuno, nemmeno in Italia, fino a quando i famosi “Casalesi” non sono diventati i protagonisti involontari del romanzo Gomorra di Roberto Saviano. Chi, d’altronde, avrebbe interesse ad avventurarsi nella desolata spianata a nord di Napoli che lo ospita, se non per passare rapidamente diretto a Caserta, sede della famosa reggia?
Vicino al mare, nei dintorni del paese e di San Cipriano, la regione si e' trasformata da una ventina d’anni in una no man’s land coperta di immondizie e rifiuti lasciati all’aria aperta, per non parlare delle file di prostitute che popolano il litorale fino a Castel Volturno.
Nessun punto in comune, dunque, tra questi due abitati, tranne uno: i paesi hanno dato vita alle due dinastie piu' potenti della mafia contemporanea.
Famiglie cosi' ben radicate nel proprio territorio, e cosi' aggressive, da aver assunto - come accadeva un tempo, in epoca feudale - il nome delle loro terre. Sono i due soli clan che vengono designati a questo modo: i Corleonesi e i Casalesi.
 
I primi “macellai” di Corleone: Navarra e Liggio
Nella genealogia criminale i piu' antichi, sono i Corleonesi. Come abbiamo visto, il paese siciliano e' fin dalla fine del XIX secolo un rifugio della mafia rurale. Nel dopoguerra, al momento della riforma agraria entrata in vigore nel 1950, il borgo diventa il feudo di una delle cosche piu' feroci dell’isola. Il boss incontestato della cittadina non e' piu' un contadino o un gabellotto, ma un medico stimato e influente, Michele Navarra. Con Navarra, la mafia fa un salto di qualita', introducendosi direttamente nell’alta societa'. In Sicilia fino ad allora poteva lavorare per conto dei notabili, e spesso alle loro spalle. Ma questi ultimi, prudentemente, non avevano contatti diretti con l’Organizzazione. Con Michele Navarra, invece, i notabili diventeranno membri della mafia in tutto e per tutto. E da questa affiliazione sapranno trarre succosi vantaggi.
All’epoca, la riforma agraria messa in atto nel Mezzogiorno mette fine alle grandi proprieta' terriere aristocratiche. Purtroppo - come avvenne anche durante la Rivoluzione francese - l’operazione non va a profitto dei piccoli coltivatori locali, ma della media borghesia e delle associazioni mafiose. La legge fissa un tetto massimo alle proprieta' agricole pari a 200 ettari. I latifondi che superano tale estensione – circa il 20% delle terre dell’isola - vengono smembrati. In certi casi e' la mafia locale a rilevare i terreni, ma, in genere, neanche l’organizzazione puo' estendere i propri possedimenti al di la' del limite fissato dalla legge.
Prende allora la guida delle nuove cooperative agricole che si creano per gestire le terre confiscate ai grandi proprietari. Come nota Francesco Renda, per la meta' del decennio la mafia si presenta sotto le spoglie di “un piccolo o medio proprietario terriero”  o, piu' spesso, di un nuovo notabile. e' quel che accade a Corleone con l’ascesa al potere del terribile Michele Navarra. Proveniente da una famiglia della piccola borghesia (il padre era insegnante), non aveva precedenti mafiosi. Ma, attraverso il matrimonio, si lega alla famiglia Riela e si rende conto in breve tempo del vantaggio che puo' rappresentare per lui la via del crimine. Come direbbe l’economista Gary Becker, opera la scelta “razionale” di diventare Mafioso...

(Continua)

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