Haiti, quello che nessuno dice

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Carissimi,
il Cacao di oggi non contiene una buona notizia, anzi, e' esattamente il contrario.
In questi giorni il governo degli Stati Uniti ha ripreso le espulsioni di migliaia di haitiani, sono gia' state rimpatriate 30mila persone ma la cifra finale potrebbe decuplicare.
Personaggi dello spettacolo, avvocati, sostenitori di Haiti si stanno muovendo per cercare di salvare da morte certa queste persone, costrette a ritornare in un Paese distrutto dagli uragani e dalla fame.
Nessuno parla di Haiti, nessuno da' notizia di quanto sta avvenendo nelle coste della Florida.
Per questo vi chiediamo di aiutarci a dare quanto risalto e' possibile a questa notizia, qui di seguito trovate un articolo pubblicato da Stephen Lendman che riassume al meglio la situazione. E' l'unico abbastanza completo che siamo riusciti a recuperare in rete dopo che un amico haitiano ci aveva avvisato di quanto sta avvenendo in questi giorni. Il nostro amico e' in Florida, in questo momento anche lui impegnato in una sembra disperata azione diplomatica.
Siamo certi che ci aiuterete a diffondere questa notizia, sperando che si cominci a parlare di in paese dove da anni e' in atto un vero e proprio genocidio.
Per saperne di piu' sulla situazione di Haiti vedi anche http://www.selvas.org/newsHA0208.html

Politiche immigratorie statunitensi nei confronti degli haitiani
di Stephen Lendman

La storia gli haitiani la sanno bene. Costoro che appartengono alla popolazione piu' povera, meno accettata e piu' oltraggiata dell’emisfero, negli Stati Uniti e nel loro Paese. E sanno che il meccanismo e' sempre lo stesso: qualcuno deve pagare.
Recentemente, i funzionari dell’Immigration and Customs Enforcement (ICE) hanno evidenziato l’ingiustizia annunciando oltre 30.000 espulsioni, che riporteranno migliaia di haitiani al paese d’origine. In una Haiti che gia' vacilla sotto il peso della poverta', della repressione, della disperazione, della devastazione portata dagli uragani della scorsa estate, e dall’occupazione da parte dei caschi blu paramilitari delle Nazioni Unite, stanziati illegalmente nel paese dal 2004 – per la prima volta nella storia – per supportare e imporre un colpo di Stato contro un Presidente democraticamente eletto, per ordine di Washington.

Il 9 dicembre 2008, l’ICE ha ripreso le espulsioni dopo uno pausa iniziata a settembre a seguito degli uragani estivi che si sono abbattuti su Haiti, e che hanno lasciato 800.000 persone senza cibo, acqua e altri beni di prima necessita', e 70.000 persone circa senza casa.

La portavoce dell’ICE Nicole Navas ha annunciato: “Era in programma la ripresa dei voli per il rimpatrio degli espulsi, non appena la situazione nel paese fosse stabile e sicura. Abbiamo ritenuto fosse appropriato farlo ora considerate le attuali condizioni sul posto... Le persone rimpatriate hanno ricevuto ordine definitivo di rimpatrio nonche' i documenti di viaggio necessari”. Questo nonostante schiere di avvocati e persone coinvolte sostengano che le condizioni ad Haiti siano peggiorate, non certo migliorate.

Anche osservatori internazionali o imparziali hanno verificato la condizione reale del Paese. La BBC ha definito la situazione di Haiti “impressionante” e il Miami Herald ha dichiarato che vi e' stato il “disastro umanitario peggiore dell’ultimo secolo in Haiti”, che ha lasciato dietro di se':

- Gonaives, la terza maggiore citta' di Haiti, inabitabile;
- gran parte del bestiame perduto e i raccolti, nonche' attrezzi agricoli e sementi, distrutti;
- i sistemi di irrigazione distrutti;
- edifici crollati in tutto il paese; 23.000 case demolite; altre 85.000 danneggiate; 964 scuole distrutte o gravemente danneggiate;
- un minimo di 1 miliardo di dollari di danni causati dagli uragani;
- la minaccia di carestia, ed emergenza umanitaria per bambini e anziani;
- 2,3 milioni di haitiani (su sei milioni) in stato di indigenza e sottoalimentazione secondo quanto riportato dall’USAID, a causa anche dell’aumento dei prezzi  del 40% rispetto a gennaio;
- condizioni igienico-sanitarie inadeguate e mancanza di acqua potabile o anche solo pulita;
- diffusione di di malattie e infermita';
- milioni di persone (la maggior parte della popolazione dell’isola) a cui manca in realta' il basilare per il sostentamento. In quanto gia' precedentemente erano al limite minimo della sopravvivenza.

In dicembre, Randy McGorty, direttore dei Catholic Legal Services per l’Arcidiocesi di Miami ha dichiarato:
“Dopo aver trattato per otto anni con questa Amministrazione sulle questioni haitiane, mi vedo costretto a concludere che la politica adottata nei confronti di Haiti e' razzista. e' scandalosa. Gente che ha perso tutto, non possiede il minimo, sta morendo di fame. Un tale impietoso disprezzo per la vita umana e' inspiegabile. Molti haitiani espulsi non hanno una comunita' a cui fare ritorno. e' scoraggiante il fatto che l’Amministrazione Bush possa anche solo considerare l’idea di rimandare le persone in questa nazione cosi' incredibilmente fragile.... La crisi umanitaria di Haiti continua e peggiora”.

Cheryl Little, direttore esecutivo del (South) Florida Immigrant Advocacy Center (FIAC), ha affermato: “Stiamo facendo il possibile per convincere i funzionari governativi a cambiare idea su questa questione. Si tratta di un atto immorale e disumano”.
Il 26 gennaio, il FIAC ha sollecitato il nuovo Segretario del Dipartimento di Sicurezza Nazionale (DHS) Janet Napolitano, a “fermare immediatamente queste agghiaccianti espulsioni e pensare seriamente di concedere lo status di protezione temporanea (TPS) agli haitiani gia' presenti negli Stati Uniti”.

Nel corso del 2008, sono state rimandate verso miseria e desolazione 1.000 persone, poi, dopo quasi tre mesi di sospensione, sono ripresi i viaggi del dolore, con una visibile accelerazione dopo l’insediamento di Obama.
Secondo il FIAC, a subire la situazione sono uomini come Louiness Petit-Frere, espulso il 23 gennaio scorso: “Negli Stati Uniti da 10 anni, fedina penale pulita, lascia la moglie cittadina statunitense, la madre e quattro tra fratelli e sorelle, tutti con status legale... Uno dei suoi fratelli, il Sergente della Marina US Nikenson Peirreloui, ha prestato servizio, ed e' stato ferito, in Iraq”.
Nel 2008, Obama ha condotto una intensa campagna elettorale per ottenere il voto haitiano nella Florida del Sud. Oggi, tradisce la fiducia abbandonando milioni di famiglie povere al proprio destino, offrendo un aiuto ridicolo alle situazioni di emergenza, se paragonato, per esempio, ai sussidi (miliardari) concessi a Wall Street e ai ricchi.
Dopo che il Congresso istitui' il TPS nel 1990, Washington concesse protezione a 260.000 salvadoregni, 82.000 honduregni e 5.000 nicaraguensi, per poi estendere la concessione di permessi il 1 ottobre 2008. Cio' autorizza il Procuratore generale a concedere lo status di immigrazione temporanea a residenti privi di documenti ma impossibilitati a tornare in patria a causa di conflitti armati, disastri ambientali o altre “condizioni eccezionali e temporanee”. Oltre a El Salvador, Nicaragua e Honduras, tra i paesi beneficiati in passato si annoverano Kuwait, Libano, Bosnia-Herzegovina, Guinea-Bissau, Rwanda, Burundi, Liberia, Montserrat, Sierra Leone, Somalia, Sudan e Angola. Sei nazioni godono ancora del TPS.
Ma gli haitiani non hanno mai ottenuto il TPS, sebbene la concessione sia una delle forme di aiuto piu' semplici ed economiche, e consentirebbe al governo della capitale Port-au-Prince di concentrarsi sulla ricostruzione del paese mentre gli haitiani in America contribuiscono inviando le rimesse alle proprie famiglie d’origine.
Nel 2006, gli haitiani negli Usa hanno inviato 1,65 miliardi di dollari, la percentuale di reddito piu' elevata di qualsiasi gruppo nazionale straniero del mondo.
Nel 1997, l’Amministrazione Clinton concesse agli haitiani una sorta di visto temporaneo della durata di un anno, accordato a persone con lavoro e fedina penale pulita. Attualmente circa 20.000 haitiani possiedono i requisiti necessari per ottenere il TPS. Tra l’altro, rispetto ad altri paesi che beneficiano di permessi, il numero di haitiani e' di gran lunga inferiore. Ciononostante, le espulsioni continuano e 30.299 persone hanno un “ordine finale di trasferimento”, il che significa che un giudice per l’immigrazione ne ha disposto l’espulsione. Circa 600 sono in stato di fermo, altri 243 sono monitorati elettronicamente e tutti e 30.000 saranno allontanati da un’Amministrazione insensibile verso i poveri tanto quanto le precedenti, integraliste, che governavano sotto la presidenza di George W. Bush.
Pare che l’America sia il paese dove tutto cambia, rimanendo pero' le cose sempre le stesse… persino se a governare e' il primo Presidente nero.

Per saperne di piu' sull’immigrazione haitiana in America

Gli haitiani cominciarono ad arrivare in Florida del Sud circa 50 anni fa, ma furono loro negati i diritti e il trattamento riservato agli immigrati privilegiati come gli europei.
Importo' poco che fuggissero da dittature repressive negli anni di “Papa Doc” e del figlio “Baby Doc” Duvalier o quando le dittature militari governarono il paese.
Nel settembre 1963, sbarco' il primo carico di immigrati che sfuggivano dalla persecuzione, ma fu loro negato asilo e furono espulsi. Decenni piu' tardi, la situazione si ripete. Dopo che nel 1991 un colpo di Stato destitui' il Presidente Jean-Bertrand Aristide, migliaia di haitiani si rifugiarono in America, gran parte di loro furono intercettati in mare e rispediti a casa, mentre circa 300 furono trattenuti a Guantanamo perche' risultati positivi al test HIV a cui furono sottoposti.
Le condizioni al campo erano deplorevoli: trattati come prigionieri, erano tenuti dietro filo spinato in carceri militari fatiscenti, con pessime condizioni igieniche, scarsita' di cibo e quasi nessuna assistenza medica persino per i malati e le donne in gravidanza. Vi furono varie proteste e uno sciopero della fame, la risposta fu severa: numerose persone furono incarcerate. La giustificazione avanzata dalla Casa Bianca di Clinton non differisce molto da quella attuale. Il Dipartimento di Giustizia (DOJ) asseri' che gli haitiani non godevano di diritti legali ai sensi della Costituzione, delle leggi federali o del diritto internazionale. Sbagliato! Il diritto internazionale tutela i richiedenti asilo, gli haitiani quanto chiunque altro.

L’Articolo I della Convenzione delle Nazioni Unite 1951 relativa allo status dei rifugiati definisce “richiedente asilo”:
“Colui che, temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalita', appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui e' cittadino e non puo' o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese”.

I rifugiati sono, quindi, “richiedenti asilo”. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, fu istituito l’UN High Commissioner for Refugees (UNHCR) per aiutare queste persone. Per poter ottenere protezione legale, gli individui devono:

- trovarsi al di fuori del proprio Paese di origine;
- temere la persecuzione;
- aver subito un danno grave o temere subirlo ad opera del proprio governo o di altri;
- temere la persecuzione per almeno una delle sopraccitate ragioni;
- non rappresentare un pericolo per gli altri.

Negli anni ‘80, agli haitiani non ando' meglio di prima. Negli anni tra il 1981 e il 1990, 22.940 haitiani subirono l’interdizione marittima, eppure solo 11 di questi soddisfarono i requisiti necessari per ricevere asilo, paragonati alle decine di migliaia di cubani che lo ottengono automaticamente se raggiungono le coste della Florida del Sud. Dopo il golpe contro Aristide del settembre 1991, la severa condanna dell’OAS obbligo' la prima amministrazione Bush a mitigare leggermente la propria politica, ma non di molto. In data 11 novembre, circa 450 haitiani si trovavano in carcere mentre il Dipartimento di Stato cercava una soluzione regionale, e l’UN High Commissioner for Refugees dispose che diversi paesi latini (tra cui Belize, Honduras, Trinidad, Tobago e Venezuela) offrissero rifugi sicuri temporanei. Tuttavia, centinaia di haitiani furono costretti a forza a rimpatriare e altri migliaia furono internati a Guantanamo.
Nel maggio del 1992, adducendo come scusa un’emergenza-migrazione, il Presidente Bush ordino' l’interdizione e il perentorio rimpatrio di tutte le imbarcazioni haitiane, senza stabilire se i loro occupanti fossero a rischio di persecuzione. Il rimpatrio continuo' fino a quando Bill Clinton non propose di accogliere gli esuli presso una sede regionale, ma solo per tre settimane. Dopodiche', l’accoglienza dei rifugiati fu sospesa e ai nuovi arrivati vennero offerti “rifugi sicuri” regionali ma nessuna opzione per lo status di rifugiato statunitense.
Nell’ottobre 1998, ai sensi dell’Haitian Refugee Immigration Fairness Act (HRIFA),  legge di recente emanazione, agli haitiani aventi diritto (coloro che avevano presentato domande di asilo o erano entrati negli Stati Uniti prima del 31 dicembre 1995) fu permesso di vivere e lavorare in America a tempo indeterminato senza che possedessero un visto di immigrazione. Tuttavia, in conformita' all’Illegal Immigration Reform and Immigrant Responsibility Act (IIRIRA) del 1996, gli stranieri che arrivano in America senza gli adeguati documenti di immigrazione vengono immediatamente processati per il trasferimento. Se temono di essere perseguitati, vengono tenuti in reclusione fino a quando un responsabile incaricato non stabilisce la credibilita' della minaccia. Nel 2005, 1.850 haitiani interdetti vennero spediti a Guantanamo. Solo nove ottennero udienze e di questi a un solo uomo fu concesso lo status di rifugiato. Ai sensi dell’Homeland Security Act del 2002, almeno cinque agenzie diverse si occupano degli immigrati haitiani:

- La Guardia Costiera per le interdizioni;
- L’US Customs and Border Protection per gli arresti e le ispezioni;
- L’Immigration and Customs Enforcement (ICE) per le detenzioni;
- L’Executive Office for Immigration Review (EOIR) del DOJ per udienze di asilo e trasferimento.

Alcune politiche piu' o meno recenti evidenziano i maltrattamenti ai quali sono soggetti gli haitiani. Il 29 ottobre 2002, 212 haitiani, in fuga dalla poverta', arrivarono nella Florida del Sud, nella speranza di ottenere asilo e sicurezza. Al contrario, furono catturati, ammanettati, incarcerati e trattati come criminali, in evidente violazione del diritto internazionale. Le famiglie furono divise: i mariti furono separati dalle mogli, e i fratelli dalle sorelle; purtroppo, pero', non si e' trattato di un episodio isolato.
L’amministrazione Bush aveva una politica segreta rispetto alla questione haitiana – sconosciuta a gran parte degli americani, che entro' in vigore verso la fine del 2001 – con cui si autorizzava l’Immigration and Naturalization Service (INS), ora DHS/ICE, a tenere in stato di fermo tutti gli haitiani sbarcati in Florida del Sud, senza considerare i loro diritti a ottenere asilo.
Il risultato di questa politica fu drammatico, disumano e immediato. Il tasso di rilasci di permessi ad haitiani per coloro che avevano superato i colloqui precipito' dal 96% nel mese di novembre al 6% tra meta' dicembre e meta' marzo 2002. Persino agli haitiani a cui era stato concesso asilo non fu rilasciato subito il permesso.
Il 25 febbraio 2004, alcuni giorni prima del secondo colpo di Stato del 29 febbraio, il Dipartimento di Stato statunitense esorto' i cittadini statunitensi ad Haiti a lasciare il paese. Inoltre, George Bush ordino' di rimpatriare tutti gli haitiani interdetti e trattenere coloro che raggiungevano la costa, prima di procedere con l’espulsione, indipendentemente dal loro status protetto.
Le condizioni di detenzione sono da allora spaventose nonche' altamente rischiose. Molte donne hanno riportato di aver subito molestie sessuali, abusi e stupri. Uomini e donne indistintamente sono soggetti a frequenti perquisizioni corporali, reclusioni prolungate in cella, interruzioni del sonno in piena notte, e ricorrenti rifiuti di cure mediche necessarie.
Gli organi di polizia ufficiali haitiani sotto il governo di George Bush e dell’attuale Obama adottano le seguenti misure:

- rifiuto dello status di richiedente asilo;
- rispedire a casa i nuovi immigrati senza esaminare le loro richieste;
- tenere in stato di fermo gli altri, in condizioni penose prima dell’espulsione;
- negare agli haitiani i propri diritti secondo quanto previsto dal diritto internazionale;
- espellere ora prontamente oltre 30.000 rifugiati, riportandoli a una disperata condizione di poverta' e devastazione post-uragani, in un paese che si trova sotto un’occupazione militare repressiva.

Politiche haitiane e cubane a confronto

Fatta eccezione per gli anni dell’Amministrazione Aristide e del primo Pre'val, Haiti ha un passato di repressione tra i peggiori della storia. Lo stesso vale per Cuba fino al momento in cui Castro rovescio' Batista e trasformo' economicamente e politicamente il Paese.
Per decenni, i rifugiati di entrambi i paesi hanno cercato asilo in America. Eppure, cubani e haitiani ricevono trattamenti totalmente diversi.
Secondo il Cuban Adjustment Act del 1966 (e successive modifiche), viene applicata una politica denominata “wet foot/dry foot” con la quale i richiedenti asilo interdetti vengono rispediti a casa, ma quelli che raggiungono la costa vengono ispezionati per l’ingresso nel paese, e in seguito viene quasi sempre concesso loro di rimanere. Per gli haitiani si verifica il contrario, anche dopo “il peggiore disastro umanitario degli ultimi 100 anni”, dinnanzi al quale il governo e' stato incapace di gestire le implacabili conseguenze ambientali e umane. Il TPS rappresenterebbe un aiuto, ma ne' l’Amministrazione Bush ne' l’amministrazione Obama si sono offerte di concederlo, lasciando gli haitiani abbandonati a loro stessi.
e' una vecchia storia che si ripete in America. I bianchi anglosassoni e gran parte degli europei sono accolti benevolmente. Per i neri poveri, i latini (eccetto i cubani) e gran parte degli asiatici, vengono applicati standard del tutto diversi, molto piu' restrittivi per gli haitiani, malgrado i pericoli, la poverta', e la devastazione nel proprio paese, i rischi che corrono durante la traversata in mare e i diritti che la legge internazionale garantisce loro, quegli stessi diritti che l’America disdegna od osserva a proprio piacimento.
Nel suo rapporto annuale del 1996, l’Inter-American Commission on Human Rights dell’OAS conclude che la politica di interdizione e rimpatrio adottata dall’America nei confronti degli haitiani ha violato le seguenti clausole della Dichiarazione Americana dei Diritti e Doveri dell’Uomo:

- diritto alla vita;
- alla liberta';
- alla sicurezza della persona;
- uguaglianza di fronte alla legge;
- possibilita' di fare ricorso ai tribunali;
- chiedere e ricevere asilo.

Le condizioni peggiorarono durante la presidenza di George Bush, soprattutto dopo il golpe del febbraio 2004. Dal 20 gennaio, l’Amministrazione Obama continua a perpetrare/perseguire il peggio delle politiche dei suoi predecessori. E questo da parte del primo Presidente nero d’America, che cio' nonostante governa come i bianchi. Circa 30.000 haitiani saranno tra i primi a rendersi conto di persona di quanto severamente governera'.

Stephen Lendman e' un ricercatore associato del Centre for Research on Globalization. Vive a Chicago ed e' possibile contattarlo scrivendo all’indirizzo [email protected].
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