A proposito dell’evoluzione, delle formiche e della cooperazione

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di JacopoFo

Una buona notizia: nell’universo è potente la forza della cooperazione.
La sopraffazione ha i giorni contati?
Darwin scoprì il meccanismo evolutivo, concetto che ai suoi tempi veniva negato dai più. Dimostrare che la vita si fosse evoluta dai più piccoli organismi fino alle specie più evolute fu la sua grande impresa.
Ebbe però dei problemi a interpretare alcuni comportamenti animali in quanto privilegiò gli aspetti competitivi della vita sociale che erano allora noti. Lo giustifica il fatto che non disponeva degli strumenti e dei risultati delle ricerche che oggi ci permettono di conoscere l’esistenza di comportamenti determinanti per l’evoluzione che non sono improntati sulla competizione ma sulla cooperazione.

In particolare gli zoologi del tempo osservavano le scimmie convinti che i loro comportamenti rispecchiassero quelli umani.
Ad esempio, osservarono che lo spulciamento avviene seguendo una chiara gerarchia: i più forti del branco sono spulciati dai più deboli. Ne dedussero che esser spulciati fosse un lavoro svolto dalle scimmie di classe sociale inferiore, una specie di servaggio.
Oggi sappiamo che lo spulciamento offre vantaggi enormi per gli spulciatori: essi mangiano le pulci, che sono nutrienti, e inoltre assorbono gli anticorpi che il corpo dello spulciato ha elaborato (mangiando le pulci mangiano pure il sangue che esse hanno succhiato).
Cioè gli spulciati offrono cibo e medicine agli spulciatori. Quindi non c’è sottomissione ma aiuto.
I più forti del branco non spulciano i più deboli perché non ne trarrebbero vantaggio ma anzi rischierebbero di prendere malattie e quindi di non essere più una farmacia efficiente.
Però tutti spulciano i bambini che grazie al loro giovane organismo sono particolarmente rapidi a elaborare anticorpi.

Si è inoltre notato che scimmie come gli scimpanzé e soprattutto i Bonobo, che sono i nostri più vicini parenti dal punto di vista genetico sono naturalmente generose e antepongono gli interessi del gruppo a quelli individuali. Ad esempio, se 8 femmine Bonobo ricevono un biscotto e una nona Bonobo riceve una banana essa si rifiuterà di mangiarla perché non vuole essere diversa dalle altre
(ci sono molti esperimenti sulla generosità delle scimmie che si possono trovare in rete).
Da questa osservazioni alcuni ricercatori sono partiti per ipotizzare che l’essere umano sia ancor più altruista dei Bonobo e in effetti questa qualità è stata evidenziata con molti esperimenti con i bambini piccoli (poi alcuni si guastano).
Riane Eisler ha quindi ipotizzato che la capacità di cooperazione sia stata determinante per l’evoluzione umana e la causa dello sviluppo del linguaggio e della capacità umana di contrastare e soggiogare le altre specie viventi.

Sono inoltre stati trovati comportamenti molto strani in alcune colonie di topi che nutrivano individui disabili che via via arrivavano a ingrassare diventando enormi, dieci volte un topo normale. Ma non si è potuto trovare un qualche segno che indicasse che queste specie di topi regina avessero potere sulla colonia. Si cerca invece di comprendere in che modo i topi traggano vantaggio da queste creature all’ingrasso.

Recentemente osservando il mondo vegetale si è scoperto che vi sono molte piante simbiotiche. Apparentemente il vischio può sembrare una pianta che sfrutta la quercia riuscendo a manipolarla con segnali chimici e convincendola così di essere non un invasore ma un normale ramo della quercia stessa,  e così riesce a rubarle nutrimento. Ma oggi sappiamo che il vischio non danneggia la quercia che lo ospita e oltre a svolgere le funzioni dei normali rami (clorofilliana) offre alla pianta ospitante altri servizi.
Si è scoperto anche che i boschi si comportano come organismi cooperativi. Quando un albero viene attaccato da un parassita emette alcune molecole che attivano negli altri alberi tossine in grado di combattere il parassita. Alcune piante hanno più di mille segnali chimici con i quali inviano messaggi alle piante della stessa specie.

Ma l’idea della cooperazione come base della vita e suo punto di forza viene anche dall’osservazione che noi viviamo in alleanza con miliardi di batteri e noi stessi siamo cooperative cellulari che ospitano cellule di nostra madre e di nostra nonna e dei loro fratelli maggiori, così come la madre ingloba cellule dei figli che ha avuto nel ventre. Queste cellule hanno precisi compiti, ad esempio, intervengono nel proteggere la madre dai disturbi cardiaci (vedi articolo Internazionale su micronemesi).
Ma è anche interessante sapere che durante tutta l’evoluzione la cooperazione con altri esseri è stata elemento portante. Ad esempio, la placenta dei mammiferi si è formata grazie alla collaborazione di determinati virus il cui dna è stato assorbito dalle cellule che hanno così cambiato forma e qualità. Il 7% del dna umano è formato da cellule che hanno inglobato materiale genetico virale.

Margulis negli anni ’80, ha sfatato poi definitivamente il mito della cellula come organismo unitario e solitario, dimostrando che i mitocondri che essa contiene e che trasformano gli zuccheri in energia (funzione fondante per la cellula) esistevano prima della formazione della prima cellula. Quindi la cellula è una cooperativa!
Essa ha quindi rivisto la storia evolutiva mettendo in primo piano la pulsione alla collaborazione, e svalutando la posizione che Darwin dava alla competizione, che pur avendo un ruolo importante è secondaria rispetto sia alla cooperazione che all’attrazione sessuale e quindi alle capacità riproduttive (amore e cooperazione sono più importanti della guerra).

Un altro elemento che conferma questa idea è la teoria di Gaia. Nasce negli anni ’70 quando un gruppo di scienziati mette insieme diverse ricerche e dimostra che il pianeta Terra riesce ad aumentare la capacità di rifrazione dell’atmosfera  in modo tale da fermare più raggi durante le tempeste solari; così il pianeta  mantiene stabile la temperatura ammortizzando gli sbalzi del calore proveniente dal Sole. La cosa incredibile è che questo fenomeno avviene grazie alla collaborazione di un numero enorme di specie viventi. Quando le radiazioni solari sono troppo forti esplode il numero di alcuni batteri che aumentano così la quantità di minerali particolari che vengono demoliti. Questi minerali polverizzati vengono poi trasportati dalla pioggia nei fiumi e quindi in mare e scatenano il proliferare di una serie di microorganismi che a loro volte interagiscono con il plancton e con muschi, funghi, eccetera dando origine a una serie di processi organici e chimici che modificano la composizione dell’atmosfera terrestre. Questa teoria è oggi ancora discussa ma sono sempre di più gli scienziati che la sostengono e le prove che essi portano  suo sostegno.

Per quanto riguarda le formiche le più recenti ricerche hanno dimostrato che esse hanno una straordinaria capacità di azione collettiva. Nel video Sciami, disponibile su You Tube vediamo interi formicai agire all’unisono con una intelligenza incredibile. Grazie alla secrezione di determinati odori alcune formiche si coordinano. Nel caso di un’inondazione, ad esempio, sono alcune formiche “vigilanti” a lanciare il segnale chimico. Tutte le formiche escono dal formicaio, le operaie trasportano ognuna un uovo e si dispongono una vicina all’altra, le formiche guerriere, più grosse si mettono ognuna sopra due formiche operaie tenendole insieme. E sopra queste si dispone un altro strato di formiche guerriere che agganciano due formiche sotto di loro. E così via… Fino a creare una zattera compatta che galleggia sostenuta dalle uova. Aspettano quindi che il livello dell’acqua cresca fino a sommergere il formicaio e poi si lasciano trasportare dalla corrente. Quando l’acqua spinge la zattera ad alcuni centimetri dalla riva le formiche guerriere si spostano tenendo sempre unite le formiche operaie che galleggiano sulle uova, in questo modo formano una proboscide che esce dalla zattera e si attacca quindi alla riva, ancorando la zattera e permettendo a tutte le formiche di raggiungere la terra ferma.

Il comportamento delle formiche è determinato, a quanto pare, da un’intelligenza collettiva. Esse agiscono come fossero un organismo unitario che prende decisioni sulla base degli imput, dai segnali, lanciati da tutte le formiche nel loro insieme. La regina non decide di propria volontà quante uova dovrà far diventare operaie e quante guerriere (ci riesce tramite la secrezione di un ferormone). Essa reagisce in modo automatico ai segnali chimici che le altre formiche le trasmettono e che riguardano il clima esterno, la disponibilità di cibo, il numero di aggressioni subite dal formicaio. La regina non sa nulla del mondo esterno oltre a quello che le altre formiche le comunicano e non ha nessuna autonomia nelle scelte, la chimica dei messaggi le determina totalmente.
E in alcune specie di formiche pare siano addirittura particolari gruppi di operaie a determinare la direzione di sviluppo dei neonati con diverse diete alimentari.

Quindi molti credono che la visione della colonia di formiche come un luogo governato da gerarchie sociali sia errata. Essere la regina è solo una funzione, non comporta un vantaggio, la regina è una macchina da uova. Non fa altro dalla mattina alla sera, ma non segue un suo vantaggio individuale e ubbidisce completamente agli input genetici che la portano in effetti a svolgere in modo totale la sua funzione indispensabile per la salute del formicaio. È l’interesse collettivo che governa l’evoluzione e ha determinato il formarsi di regine, non un golpe.
Questa visione sarebbe avvalorata dal fatto che le formiche riescono a realizzare collettivamente imprese incredibili, coltivano funghi, piantano i semi di piante che sono per loro utili, allevano acari, insetti e bruchi (che mungono perché sono dotati di ghiandole che se massaggiate secernono una sostanza zuccherina).

Altre formiche depredano le riserve di cibo dei formicai vicini; altre ancora attaccano i formicai e ingannano le abitanti con odori particolari, uccidono la regina e la sostituiscono con la loro e quindi fanno accudire, dalle formiche operaie ingannate, le loro uova non facendo più nascere formiche locali. Alla fine tutte le formiche ospitanti si estinguono e loro passano a depredare un altro formicaio.
Altri gruppi di formiche si stabiliscono nei formicai altrui ma non li sterminano e garantendo lo sviluppo delle uova delle ospitanti si assicurano che vi siano formiche sufficienti per trovare cibo per tutti.  
Ma ci sono anche formiche che vivono come ospiti e cooperano al buon andamento del formicaio ospitante.
Ancora si sta studiando il rapporto di dare e avere tra queste specie simbiotiche ma non è detto che anche i bruchi che vengono munti non abbiano il loro vantaggio.
Ma tutte le nuove scoperte in questo come negli altri campi citati vanno ad ampliare la nostra conoscenza delle molteplici forme che l’evoluzione dà alla capacità di cooperazione delle specie viventi e del pianeta nel suo complesso.
Ed è da sperare che anche tra noi esseri umani ricominci a prevalere il senso della collettività.
Ne abbiamo bisogno.


Commenti

Non so se si può parlare di post-darwinismo, ma citando l'etnobotanico Giorgio Samorini:

PRIMA L'EBBREZZA E POI IL CIBO - I dati archeologici di tutto il mondo stanno sempre più dimostrando che non è stata la scoperta della cerealicoltura a promuovere l'elaborazione delle bevande alcoliche a base di cereali (birre), bensì il contrario, cioè è stata l'assidua fabbricazione e consumo di birre che ha promosso la scoperta dei cereali come fonte di cibo. La droga come promotrice di cultura ed evoluzione umana.

Le fonti sono numerose. Qui alcune:
Per la birra d'orzo eurasiatica:
BRAIDWOOD J. ROBERT, 1953, Did Man Once Live by Beer Alone?, American Anthropologist, vol. 55, pp. 515-526.
KATZ H. SOLOMON & FRITZ MAYTAG, 1991, Brewing and Ancient Beer, Expedition, vol. 44, pp. 24-33.
JOFFE H. ALEXANDER, 1998, Alcohol and Social Complexity in Ancient Western Asia, Current Anthropology, vol. 39, pp. 297-322.

Per la chicha di mais americana:
BOYD M. & C. SURETTE, 2010, Northernmost precontact maize in North America, American Antiquity, vol. 75, pp. 117-133.
ILTIS H. HIG, 2000, Homeotic sexual translocations and the origin of maize (Zea mays, Poaceae): A new look at an old problem, Economic Botany, vol. 54, pp. 7-42.
JENNINGS JUSTIN, 2005, La Chichera y el Patrón: Chicha and the Energetics of Feasting in the Prehistoric Andes, Archaeol.Pap.Am.Anthrop.Ass., 14: 241-259.
PIPERNO D.R., A.J. RANERE & P. HANSELL, 2000, Starch grains reveal early root crop horticulture in the Panamanian tropical forest, Nature, vol. 407, pp. 894-897.
SMALLEY JOHN & MICHAEL BLAKE et al., 2003, Sweet Beginnings. Stalk Sugar and the Domestication of Maize, Current Anthropology, vol. 44, pp. 675-703.

Probabilmente la cosa vale anche per la canapa: amata come "inebriante" o medicina spirituale, ha spinto all'evoluzione, quindi a coltivarla, per poi scoprirne i mille usi, dall'alimentare, al vestiario, l'edilizia, etc..

Ps: chissà cosa danno da mangiare di differente alle formiche guerriere!?!!?