"MADRE Coraggio" di Dario Fo (Seconda parte)

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Madre coraggio 2005 di Dario Fo

MONOLOGO SCRITTO PER FRANCA RAME SU CINDY SHEEHAN, MADRE DEL SOLDATO CASEY, MORTO IN IRAQ.

Seconda parte

(per leggere la prima parte clicca qui)

Oggi abbiamo deciso di smontare le nostre tende davanti al ranch del Presidente. Bush non è più qui. Si è trasferito alla Casa Bianca. Ma noi non possiamo lasciarlo solo... A nostra volta l'abbiamo raggiunto a Washington. Non è una grande manifestazione, non superiamo i mille partecipanti. I poliziotti che presidiano la zona sono molto più numerosi di noi.
Arriviamo davanti al palazzo del Presidente.
Ci fermiamo e diamo inizio a un sit-in ed ecco che le guardie, come da copione, ci caricano.
Mi sento letteralmente sollevata da quattro braccia. Scattano centinaia di flash.
Una voce mi avverte che sono in arresto. Lo stesso avviso viene ripetuto ad un altro centinaio di manifestanti. Ci spingono dentro ai pullman, già pronti dietro l'angolo e ci trasportano alla centrale.
Il giorno stesso ci rilasciano, dopo averci avvertiti che saremo processati entro un paio di mesi.
Scatta una tempesta di e-mail che raccontano e commentano l'avvenimento. Moltissimi chiedono che venga organizzata una manifestazione più importante, magari a New York.
Quasi immediatamente viene messa in campo da associazioni filo-governative una contromanifestazione nella quale, sempre a Washington, sfilano i reduci del Vietnam. Naturalmente nessun arresto...
Durante queste settimane ho scoperto che le mie conoscenze riguardo i fatti della nostra vita di americani, la storia, la politica, la verità, sono a livello zero. In poche parole ho scoperto di essere una ignorante.
Mi sono sempre dichiarata progressista e democratica. Ma oggi so che per essere dei democratici, esserlo in pratica, bisogna avere gli strumenti culturali necessari. La democrazia è un meccanismo molto complesso.
Ho letto e commentato un numero enorme di articoli e dichiarazioni, uscite sui quotidiani e in internet.
Mi sembrava d'essere tornata a scuola. Con noi c'erano alcuni professori, autori di inchieste e saggi sulla guerra, l'economia, il cinema, l'informazione. Ci hanno tenuto vere e proprie lezioni e organizzato dibattiti che mi hanno sbattuto all'aria luoghi comuni e preconcetti. Idee basate sul sentito dire, vuote come bolle di sapone.
Ho sempre creduto che la decisione di scatenare una guerra in Iraq fosse nata dopo lo shock per i massacri dell'11 settembre e la minaccia incombente di nuovi attentati terroristici. E invece scopro, grazie a questi dibattiti, che già nel settembre del 2000 i neoconservatori in un loro programma, "The Project for a New American Century's Rebuilding America's Defense", proclamavano che gli Usa dovevano assolutamente esercitare il proprio ruolo di unica superpotenza mondiale, assicurandosi l'accesso alle cospicue riserve petrolifere del Medio Oriente."
Nello stesso periodo esce un articolo su un noto quotidiano economico che analizza la situazione del mercato del carburante.
"Ribadiamo - scrive l'autore del servizio - che tre quarti del petrolio estratti nel pianeta provengono dai territori governati dagli sceicchi che di fatto ne controllano prezzo e distribuzione. Quindi basterebbe un repentino capovolgimento di programma economico e politico da parte dei vari sceicchi associati per determinare all'America una situazione di crisi spaventosa e inimmaginabile, giacché le nostre riserve sono al minimo e la produzione del nostro continente notevolmente insufficiente per soddisfare i nostri primari bisogni. Ecco la ragione che ci impone di procurarci nuovi giacimenti estranei all'Opec, come appunto quelli ricchissimi dell'Iraq."
Sono venuta a sapere con grande commozione che in tutta l'America si sono tenute veglie di protesta contro la guerra e solidarietà con la nostra azione. Un numero incredibile di gruppi, più di 1.600 hanno organizzato proteste cantando per ore, facendosi luce con le fiaccole. Canti folk, improvvisati e perfino religiosi.
A proposito di religione... Ho notato che durante e a chiusura dei suoi discorsi Bush è solito introdurre espressioni tratte dal Vangelo e dalla Bibbia. Dal che si deduce che il nostro Presidente è cattolico, o perlomeno cristiano... Anch'io sono cattolica e cristiana. Ma non mi riconosco nel tono e nella scelta di quelle espressioni. Bush divide le comunità degli uomini in popoli canaglie e popoli giusti. È ovvio che noi siamo i giusti e le canaglie quelli che noi ci apprestiamo ad attaccare.
Ho sfogliato il Vangelo e non ho trovato nulla che assomigliasse a questa sentenza. Anzi, Cristo ci impone di amare i nostri nemici e non fa distinzione né di razza né di credo. Ancora, non ha mai parlato di guerre giuste e sante, anzi ha sempre ribadito che ogni guerra è criminale e ingiusta.
Inoltre Bush ha dichiarato a più riprese che spesso gli capita di parlare con Dio. Assicura che è lui, l'eterno in persona, che lo chiama e imposta il dialogo. Gli chiede: che cosa pensi di fare? Lo provoca. Gli pone quesiti. Gli dà ordini. Per questo Bush si permette di garantire di continuo, alla maniera di Goffredo di Buglione e Pietro l'Eremita, "Dio lo vuole". È un dio spietato e sanguinario quello che dialoga con il nostro Presidente. È un dio degli eserciti e della vendetta. Non ha niente a che vedere con il padre pietoso, tenero come una madre, che le Sacre Scritture ci hanno insegnato a conoscere...
Di certo in cielo c'è stato un golpe.
Il vecchio fabbricatore del creato e della vita è stato cacciato e seppellito nel fondo degli abissi come Cronos da Zeus, e Cristo l'hanno di nuovo inchiodato alla croce, perché non faccia danni con la sua mania del perdono e dell'amore.
Molti commentatori di giornali d'ogni livello vanno chiedendosi come può essere accaduto un fatto del genere: una semplice, insignificante donna senza particolare fascino o carisma che riesce a radunare intorno a sé un movimento così grande e soprattutto attivo, una partecipazione che non tradisce alcun segno di stanchezza o esaurimento.
A questo proposito mi ha colpito la risposta di un poeta del Nevada, di origine mohicana, Buskaar, che mi ha dedicato una ballata, davvero insolita. Il titolo è "Ascoltate le pietre tornicanti".
Le pietre tornicanti si trovano nel deserto del Nevada e ai confini delle grandi praterie. Sono pietre sferiche, al cui interno c'è un vuoto abitato da una più piccola pietra, anch'essa sferica, che funge da volano. Quando il vento investe la pietra tornicante, essa comincia a roteare, facilmente sollecitata dalla sfera interna che, avendo gioco, ruota più veloce e ne aumenta l'abbrivio.
Se vi capita di scuotere all'altezza dell'orecchio una di queste pietre, ne sentirete uscire uno strano suono che assomiglia a uno sproloquio senza senso. Per questo, tali pietre vengono anche chiamate sassi parlanti o che cantano.
"La storia di Cindy - dice il poeta mohicano - ricorda una favola indiana che racconta della pietra che canta, spinta dal vento e costretta a rotolare nella prateria. Il suo passaggio muove e trascina con sé altre piccole pietre che come lei vanno rotolando e si sfregano l'un l'altra, causando piccole scintille che vanno aumentando fino ad incendiare tutta la prateria.
Infatti nessuno avrebbe dato un soldo di credito a quella piccola donna seduta davanti all'ingresso della tenuta del Presidente. Nessuno immaginava che Cindy fosse una pietra parlante e che al suo richiamo giungessero tante persone commosse, anzi mosse, da quella sua semplice domanda: 'Perché mio figlio è morto?' - E il poeta conclude: - Forse non ci abbiamo fatto caso. Quella frase disperata, detta con parole così semplici, è la stessa che la madre di Cristo ha pronunciato sotto la croce: 'Perché ti uccidono, figlio mio?'".

Da agosto a oggi sono trascorsi quasi quattro mesi. Abbiamo manifestato in parecchie occasioni e più di un commentatore, a proposito del silenzio che Bush ha scelto nei miei riguardi, ha cercato di spiegare perché il Presidente insista nell'ignorarmi. Uno di loro dice che quella mia semplice domanda sulla guerra ha causato nel Presidente un forte deragliamento nei programmi. Qualcuno mi accolla perfino la responsabilità dell'imprevedibile crollo della sua popolarità negli ultimi mesi. Non sarebbe meglio per il Presidente uscire da quel dannoso e imbarazzato mutismo?
Il famoso regista Micheal Moore ha risposto a questa domanda dichiarando: "Bush non può rispondere. Ha costruito un castello di bugie incatenate una all'altra come una cattedrale. Se ne toglie una a caso, tutto gli crolla addosso. Anche se è vero che cadrebbero solo pietre di carta, il vuoto che si scoprirebbe dietro quel crollo sarebbe disastroso".
Uno che parla con Dio, non si accetta di vederlo rimanere senza una cattedrale, seppur fasulla, inesistente.
Vorrei dire da buona cristiana, che non provo sentimento di odio nei Suoi riguardi, Presidente... solo un certo disprezzo. Vorrei limitarmi a questo, ma non ci riesco.
Quando in televisione La vedo scendere dall'elicottero atteso dai Suoi ministri e generali, tenendo fra le braccia un piccolo cane, ben pettinato, tutto fru fru come una bestiola di peluche, non riesco ad esclamare "Oh, che carino! Che persona gentile e sensibile questo nostro capo!".
No, non credo assolutamente che Lei ami gli animali, scommetto che sono stati i Suoi consiglieri a convincerLa a recitare questa sceneggiata, Presidente.
Le hanno detto: "Negli Stati Uniti ci sono numerosissimi cittadini con diritto al voto che vanno pazzi per i cani... I loro bambini poi li adorano! Una recente inchiesta ha stabilito che almeno cinquanta milioni di americani posseggono un cagnolino o un grande cane. Perciò, si prenda in braccio un barboncino peloso, se lo coccoli, se lo sbaciucchi, e avrà il voto certo di quei cinquanta milioni di amanti degli animali."
Mi piacerebbe spiarLa, Signor Presidente, dentro la Sua stanza ovale, appena si trova solo con quella bestiola, tutta mossette e saltelli che vuol giocare e morde i Suoi pantaloni... Lei le ammolla un calcetto... il cagnolino insiste e Lei le sferra una gran pedata. La proietta verso la porta proprio nel momento in cui sta entrando Condoleezza Rice, che odia i cani e manda un grido di disgusto. Sono certa: Lei, come la Rice, non ama né gli animali né gli esseri umani.
L'ho osservata in una diretta televisiva mentre stava accovacciato fra i bambini di una scuola e cercava di essere affabile, paterno. Ma non ci riusciva, appariva terribilmente goffo e insopportabile. No, Lei non odia i bambini, ma fa peggio: li ignora. Quelli uccisi a migliaia in Iraq e in Afghanistan nei bombardamenti non esistono, sono solo vittime collaterali... Stanno nella norma. Omicidi previsti, inevitabili... Raggiunto quale numero cominceranno a crearLe un leggero senso di colpa?
"Perdona, perdona!" - mi ripeto tutte le volte in cui la rabbia e il dolore mi si mischiano in petto, diventando insopportabili. No, non ce la faccio.
E' la Sua arroganza, Signor Presidente, sporcata dal fastidio che Le vado procurando, ad impedirmelo... perché Lei, oltretutto, non ha cancellato solo l'esistenza di mio figlio, ma con lui ha distrutto anche quello che io aspettavo trepidante... un suo figlio. Sì, fra un anno Casey e la sua ragazza si sarebbero sposati. Poi, sono certa, sarebbe nato un bambino.
L'ho sognato e continuo a sognarlo. E piango quando mi risveglio.
Lei, con la Sua guerra, mi ha ucciso anche i sogni!
Sia maledetto!

Ho incisa nel cervello la trionfale immagine di Lei, Signor Presidente, infilato nella tuta da pilota da guerra che scende dal jet rombante da caccia, atterrato su una portaerei degli Usa nel Golfo Persico.
Una folla di marinai e truppe da combattimento Le sta intorno, solleva le braccia scandendo urrà.
"Missione compiuta!", annuncia a gran voce, sorgendo dalla carlinga con il capo coperto dal casco da pilota.
Mi ha subito fatto venire in mente una vecchia illustrazione su un libro di storia, che tenevo nel mio zainetto da bambina con l'immagine del trionfo di Alessandro il Grande vittorioso sull'esercito persiano.
Ero commossa: è splendido onorare un simile condottiero...
Poi però vengo a scoprire che Lei, Signor Presidente, durante la campagna del Vietnam non s'è mai trovato in un combattimento, anzi si era bellamente imboscato in ufficio, al sicuro, negli Stati Uniti.
Ora indossa la pelle del leone e ci viene a raccontare una favola eroica. Non era proprio il caso che Lei mettesse in piedi una sceneggiata del genere.
Ma quello di non trovarsi mai sul set della scena giusta è ormai una Sua costante...
Poco fa sulle nostre coste è esploso il tornado Katrina che ha travolto New Orleans e tutta la Louisiana. Si conosceva già in anticipo il disastro che avrebbe prodotto: quell'uragano avrebbe travolto la zona più povera dell'America, la più indifesa, completamente priva di organizzazione.
Sì! Dovere di un Presidente, così propenso all'azione fulminea e partecipata, era quello di trovarsi nel cuore dell'uragano, o perlomeno negli immediati dintorni. E invece Lei, Signor Presidente, non c'era, neanche nella zona cosiddetta tiepida. Lei trascorreva il week-end nel Suo ranch, al riparo da colpi d'aria.
S'è deciso al fine a far visita al luogo del disastro, ma più tardi, quando ormai tutti, o quasi, i superstiti erano stati evacuati. La palude aveva ingoiato ogni cosa e Lei viaggiava su un possente mezzo anfibio da sbarco della marina.
Sempre nel punto sbagliato nel momento sbagliato. In quest'occasione pare indossasse una tuta mimetica... giusta precauzione per non essere riconosciuto dai pochi superstiti arrampicati sui tetti...
In una vecchia farsa satirica sulla guerra di secessione mi ricordo di una scena in cui, il glorioso governatore di un distretto del nord incitava, i giovani della sua contea ad arruolarsi nell'esercito federale. Parlava di dovere, di difesa dei diritti civili, della libertà per gli schiavi. Poi al momento dell'attacco risultava introvabile.
Sembrava la Sua caricatura, Signor Presidente...
Ma devo ammettere che Lei nel Suo governo si trova in buona compagnia... La predisposizione del Suo staff e dei Suoi senatori all'imboscamento è ampiamente documentata, per loro e per i loro familiari: dei 535 membri del Congresso, proprio quelli che hanno esaltato il dovere dell'entrata in conflitto dell'esercito americano, uno solo può vantare un proprio figlio nella zona dello scontro!
È proprio il caso di dire "Arruoliamoci e partite!"...

Questa è la seconda parte dello spettacolo che Dario sta scrivendo. Pubblicheremo il resto più avanti.