L'erba del diavolo: gli psicofarmaci fanno male

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Jacopo Fo Nina Karen L'erba del diavoloCarissimi, anche questa settimana pubblichiamo uno stralcio del nuovo libro di Jacopo Fo scritto con Nina Karen “L'erba del Diavolo” edito dalla Flaccovio Editore. In questo capitolo gli autori affrontano il problema della diffusione degli psicofarmaci: una droga legale somministrata, molto spesso a sproposito, anche ai bambini.
Buona lettura.

Capitolo II
Gli psicofarmaci fanno molto male ma nessuno penserebbe mai di vietarli

In farmacia sono legalmente in vendita centinaia di tipi di droghe estremamente potenti, capaci di provocare effetti negativi a breve e a lungo termine.
In particolare i farmaci anti-depressivi conosciuti come SSRI (Inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina – Prozac, Zoloft, Seroxat, ecc.)
Queste sostanze sono da molti sospettate di essere causa di svariati malanni, tendenze suicide, aggressività, comportamenti asociali.

Il caso Ritalin
Per rendersi conto di quanto gli psicofarmaci siano pericolosi citiamo un articolo dell’Observer, scritto dal giornalista Jean West, intitolato “La droga per i bambini: il Ritalin ha effetti sul cervello più potenti di quelli della cocaina”.
“Usando il brain imaging (tecnica usata per registrare immagini che si ipotizza rappresentino fedelmente le variazioni dell’attività neurale regionale), degli scienziati hanno scoperto che il Ritalin in pillole satura quei neurotrasmettitori che sono responsabili dell’euforia, sperimentata dai consumatori di droga, più che la cocaina inalata o iniettata”.
20.000.000, il numero di ricette compilate negli Usa ogni anno per la somministrazione dei soli psicofarmaci di tipo stimolante ai bambini.
11.000.000, i minori che ogni anno utilizzano farmaci psicoattivi (per tutte le patologie) nei soli Stati Uniti.
Gli Archives of General Psychiatry hanno pubblicato una analisi che evidenzia la maggiore predisposizione al suicidio dei bambini e adolescenti trattati con antidepressivi, a differenza di quelli curati con placebo. Quindi la Federal Drugs Agency (FDA, l’agenzia statunitense che si occupa dell’approvazione della messa in commercio dei farmaci) inizia a porsi il problema, dopo aver analizzato i dati che fino a quel momento erano stati tenuti segreti dalle case farmaceutiche.
Lo scandalo scoppia nell’agosto 2004 dopo le dichiarazioni di Andrew Mosholder, esperto dell’ufficio FDA con il compito di valutare la sicurezza dei farmaci.
Dell’episodio si lamentarono i vertici FDA, indispettiti dalla violazione delle regole di discrezione. Costretta a rivalutare in seguito i dati più recenti, l’FDA ha concluso che la percentuale di rischio di pazienti con tendenze suicide che assumono farmaci antidepressivi disponibili in commercio è dell’1,95 per cento. Il professor Irving Kirsh della facoltà di Psicologia alla University of Plymouth, afferma: “Ci sono tre fattori da considerare: il rischio, il beneficio e le alternative. I benefici degli antidepressivi rispetto al placebo nei bambini non sono clinicamente significativi. D’altra parte, la risposta al placebo appare sostanziale. Ciò significa che si riescono a ottenere gli stessi benefici con praticamente ogni trattamento. E allora perché sceglierne uno che può far aumentare il rischio di suicidio?”.
Si stima che il numero di bambini italiani che ogni giorno assume psicofarmaci, alcuni dei quali inducono al suicidio secondo i più recenti “warning” dagli Usa, oscilla da 30.000 a 60.000, a 17 milioni nel mondo vengono prescritti medicinali che alterano la mente. Il dottor Elliot Valenstein, biopsicologo e autore di “Incolpare il cervello”, ci fa capire quanto questi dati siano allarmanti. Nel suo libro spiega che i farmaci usati per curare i disturbi mentali possono provocare un cambiamento biochimico duraturo e addirittura indurre mutamenti strutturali anche nel cervello. In passato si ipotizzava che queste alterazioni potessero essere la causa della patologia, ma potrebbero in realtà essere una conseguenza del trattamento stesso. A confermare questa situazione c’è da dire che nell’ultimo anno sono stati divulgati diciotto allarmi governativi relativi all’uso di psicofarmaci, in cinque diversi Paesi. Tali pubblicazioni evidenziavano effetti secondari tra cui: dipendenza da questi medicinali, frenesia, ostilità, aggressività, psicosi, suicidio e violenza.

Droghe ai figli per farli stare buoni
I genitori non hanno tempo di occuparsi dei figli, non hanno voglia di giocare e parlare con loro, non li sanno educare,li lasciano per giornate intere davanti al televisore e poi si accorgono che sono irrequieti e poco motivati a scuola? Diamo anche a loro un bel pasticcone! “Psicofarmaci ai bambini italiani, è uno scandalo. Troppi e somministrati con troppa leggerezza. In cinque anni in Italia la prescrizione di psicofarmaci ai bambini è aumentata addirittura del 280 per cento. Negli Usa, dove i bambini in terapia sono più di undici milioni, l’aumento è stato del 150 per cento. Ministro Turco, intervenga subito”. E' l’appello che Luca Poma, portavoce dell’associazione “Giù le Mani dai Bambini” (che è risultata essere la più visibile campagna di farmacovigilanza in Italia), insieme a Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell’età evolutiva, ha lanciato a Roma durante la conferenza stampa tenuta il 16 novembre 2006. Insieme a loro erano presenti più di cento associazioni e 230mila addetti ai lavori del settore della Salute rappresentati dal Comitato “Giù le Mani dai Bambini”.
Sia per gli adulti che per i bambini i consumi sono quindi in crescita ormai da anni.
“Tra il 2001 e il 2006 il consumo di psicofarmaci è aumentato del 75 per cento”, osserva il dottor Giuseppe Nicolò, responsabile del Centro Salute Mentale (CSM) Boccea di Roma, e presidente europeo della Società di Ricerca in Psicoterapia.
Nel biennio 2000-2002 il consumo di psicofarmaci fra i giovanissimi è quadruplicato. Il dato è confermato anche da un’inchiesta di Rainews24: “Diverse le terapie, da adattare ad ogni singolo caso. Sempre più seguita quella farmacologica.
A dimostrarlo è anche l’aumento delle prescrizioni degli antidepressivi. Negli ultimi sette anni, dal ’99 al 2006, il numero delle persone a cui vengono somministrati si è quasi triplicato”.
 

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