Il Mondo secondo Fo

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il mondo secondo foCarissimi, questa settimana vi presentiamo un libro di cui probabilmente avete gia' sentito parlare: "Il Mondo secondo Fo" e' una conversazione che Giuseppina Manin, giornalista del Corriere della Sera, ha raccolto per Guanda Editore.
Come di consueto pubblichiamo alcuni stralci del libro. Buona lettura.

"Ho ottant'anni ma ne ho vissuti almeno centocinquanta. Se poi calcolo quelli di Franca, alla fine in due facciamo circa tre secoli. Un arco di tempo lunghissimo racchiuso in due sole vite, perche' quegli anni sono stati tutti, non uno di meno, belli e intensi. I mesi duravano 60 giorni, i giorni 48 ore... Si', di vite noi due messi insieme ne abbiamo vissute davvero tante."

Ottant'anni o centocinquanta, poco conta. Dario Fo e' e resta Dario Fo. Il poer nano e l'artista irriverente, il buffone e il Nobel, l'attore, il pittore, il drammaturgo, lo storico dell'arte, il rivoluzionario, il politico, lo scavezzacollo, il marito ad oltranza e il fedifrago, il miscredente e il curioso del sacro... Ottant'anni. Troppo pochi per tante vite.
"Difatti ho ancora molto da fare" assicura lui. Il carnet e' fitto di impegni lunghi da qui a qualche secolo: la battaglia per un mondo migliore, per un pianeta meno violentato, per citta' piu' a misura di uomo e di natura... "E poi c'e' da rimboccarsi le maniche per i diritti civili, nostri e di chi arriva da lontano chiedendo solo di lavorare da noi. E per cercare finalmente di mettere a segno un buon governo, o almeno un governo decente. C'e' da scendere in piazza contro la guerra. Che non previene e non bonifica mai niente, che non si fa mai per liberare gli oppressi, ma sempre per sostenere qualche altro oppressore. C'e' da lottare conto le armi, che non sono mai intelligenti, ma sempre terribilmente ottuse, violente, crudeli, proprio come quelli che le propugnano. C'e' da stare in guardia contro fanatismi, intolleranze, terrorismi. Che mai arrivano da una parte sola e che spesso, la storia insegna, sono strategicamente funzionali per un potere in crisi, pronto persino a sovvenzionare bombe e bombaroli pur di salvarsi la poltrona. C'e' da battersi per una scuola, una cultura, un'informazione degne dei loro nomi, perche' queste sono le uniche e vere strade per una democrazia di fatto. Non a caso le piu' boicottate e vilipese da chi invece ha tutto l'interesse a tenere la gente sottomessa, ottenebrata, rimbesuita. C'e' da gridar di sdegno per una sanita' che esclude i piu' deboli, per un mondo del lavoro che lascia fuori sempre i piu' giovani."
L'elenco continua. (...)

Ma come fa ad avere tutta questa energia?
"Il fatto e' che a me la vita piace. E tanto. Mi diverto troppo a vivere, sono curioso di tutto, vorrei poter andare a frugare in ogni angolo dell'esistenza. Che con me e' stata generosa in modo quasi esagerato. La vita mi ha dato davvero tutto, al di la' di qualsiasi aspettativa. Ho potuto realizzare i miei sogni e anche di piu'. Sono stato amato, ho amato. Da circa mezzo secolo ho al mio fianco una donna straordinaria, e un figlio, Jacopo, di cui vado fiero. Come ciliegina sulla torta ho pure vinto un Nobel, e mi hanno dato una laurea alla Sorbona..."

(...)
... Mamma Fo... "Era ironica la Pina. Speciale, persino un po' strega. Ricordo che ero ancora agli inizi di carriera, ai primi successi sulla scena, e lei, entusiasta, gia' aveva decretato in famiglia: 'Par mi quel li' el vince el Nobel!' Per riportarla con i piedi per terra, mio fratello Fulvio le aveva spiegato che per vincere il Nobel bisognava essere letterati, mica andar per teatri. 'E Pirandello, allora?' aveva ribattuto lei. 'E' un uomo di teatro o no?'

Quel Nobel dello scandalo
(...)
"Albertini, allora sindaco di Milano, la mia citta', non mi mando' neanche un telegramma, non si fece vivo in alcun modo. Un silenzio assordante, una gaffe clamorosa a cui, qualche mese dopo, tento' di rimediare offrendomi un Ambrogino. Grazie no, il Nobel mi basta, risposi. Ricordo che Ignazio La Russa, con il suo consueto tocco di classe, mi appello' 'Nobel dei miei stivali'. La Russa. Ma l'avete presente? Quello con la barbetta nera da incazzoso e gli occhi da matto. Preciso al burattino che impersona il Brigante nel teatro dei pupi. Mi sono sempre chiesto: nasce cosi' o si trucca? Insomma, mentre giornali e tv di tutto il mondo arrivavano sotto casa mia per intervistarmi, in Italia si cercava in ogni modo di smorzare l'eco di quel premio scandaloso. Eh si', e' stato proprio un gran bello scherzo. A parte la gioia, l'orgoglio, la soddisfazione, ancora oggi ringrazio i simpatici accademici svedesi per le meravigliose risate che mi hanno fatto fare."
Risate ricambiate alla grande. L'elegante aula tutta stucchi azzurri e oro della Svenska Akadamien, sede ufficiale del conferimento del Nobel, non aveva mai visto prima tanto augusto consesso piegato in due a sghignazzare. Sovvertendo i severo cerimoniale, Fo era riuscito a trasformare la tradizionale "lectio" riservata al candidato Nobel in uno spettacolo inedito e irresistibile.

(...)
"Cari accademici" esordisce Fo davanti alla prestigiosa assemblea di Stoccolma schierata al gran completo, "cari accademici, l'avete fatta grossa. Anni fa avete premiato un negro, poi un ebreo, adesso un giullare... Dove finiremo?" Gli accademici si guardano, la traduzione in cuffia arriva in simultanea, e scoppiano a ridere. E' l'inizio di un fabulazzo incantatore capace, in puro stile Fo, di intrecciare follie guittesche e dotte citazioni, sberleffi e poesia.

E poi, ancora, l'incontro e l'amore con Franca, l'architettura, la musica e il teatro, la censura e l'impegno: un libro leggero, un racconto dolce e divertente... insomma, Signore e Signori, ecco a voi Dario Fo!