Cannabis vs stafilococco

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Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Natural Products, la somministrazione di cannabinoidi naturali potrebbe ridurre la diffusione di alcuni batteri resistenti alle medicine, tra cui il terribile stafilococco aureo (MRSA).
Basta convincerlo a fumare...
(Fonte aduc)
Davide Calabria


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Fonte: http://www.huffingtonpost.com - Traduzione: http://blog.duper.org

Il senatore Ted Kennedy non si perde d’animo dopo il recente intervento chirurgico subito, ma la triste realtà non cambia. Anche se operazioni, radiazioni e chemioterapia vengono applicate con successo, i gliomi, una forma molto aggressiva di tumori al cervello che colpisce circa 10.000 americani all’anno, uccidono il 75 % delle loro vittime entro due anni, e praticamente tutte entro cinque anni.

Ma se ci fosse una terapia alternativa per i gliomi in grado di attaccare le cellule infette e lasciare intatte le cellule sane? E se i burocrati federali fossero a conoscenza di questa terapia, ma nascondessero di proposito queste informazioni al pubblico?

Purtroppo queste domande non sono del tutto ingiustificate. Ora vi spiego.

Nel 2007 esaminai oltre150 studi preclinici e clinici sul potenziale terapeutico della marijuana e alcuni dei suoi composti attivi, noti come cannabinoidi. Riassunsi questi numerosi studi in un libro, che è ora giunto alla sua terza edizione, dal titolo Emerging Clinical Applications for Cannabis and Cannabinoids: A Review of the Scientific Literature (“Usi clinici emergenti di cannabis e cannabinoidi: una analisi delle pubblicazioni scientifiche”; Fondazione NORML, movimento che si batte per la riforma delle leggi sulla marijuana, 2008). Vi è un capitolo in quel libro che riassume le scoperte di oltre 30 esperimenti e analisi di pubblicazioni individuali, e che è dedicato all’utilizzo dei cannabinoidi che fungono da agenti anti cancro, soprattutto nel trattamento di gliomi.

Non conoscete queste ricerche scientifiche? Il governo americano sì.

In effetti il primo esperimento a documentare gli effetti potenti anti cancro della marijuana si svolse nel 1974, al Medical College of Virginia, per conto dei burocrati federali. I risultati di questo studio furono pubblicati il 18 agosto 1974 sul quotidiano Washington Post: il componente psicoattivo della marijuana, THC, “rallentava la crescita del cancro polmonare, dei tumori del seno e la leucemia indotta da virus nei topi da laboratorio, e allungava la loro vita del 36 %”.

Nonostante questi risultati favorevoli, pubblicati l’anno successivo sul giornale dell’Istituto Nazionale Tumori statunitense), i funzionari del governo si rifiutarono di autorizzare qualsiasi ricerca ulteriore, per poi condurre un esperimento preclinico simile a metà degli anni ‘90, però in segreto. Il risultato di questo studio, condotto dal National Toxicology Program statunitense e costato due milioni di dollari, fu il seguente: topi e ratti, a cui era stato somministrato un’elevata dose di THC per lunghi periodi, avevano maggiori difese contro i tumori maligni degli animali di controllo.

Tuttavia, invece di pubblicizzare questa scoperta, il governo statunitense accantonò i risultati, che furono pubblicati soltanto dopo che furono fatti trapelare al giornale medico AIDS Treatment News, che li inoltrò ai media nazionali.

Negli anni successivi, il governo USA deve ancora autorizzare un semplice studio per esaminare le potenziali proprietà anti cancro di questa droga (il permesso federale è necessario per condurre ricerche cliniche sulla marijuana, poiché è classificata come sostanza pericolosa (Schedule I).

Per fortuna durante gli ultimi 10 anni gli scienziati europei hanno continuato il lavoro abbandonato dai ricercatori statunitensi, e sono giunti alla conclusione che i cannabinoidi possono fermare la diffusione di numerose cellule cancerose (per quanto riguarda i tumori alla prostata, al seno, ai polmoni, al pancreas e al cervello). Un documento eccellente che riassume molte ricerche a riguardo è “Cannabinoids for Cancer Treatment: Progress and Promise,” (Cannabinoidi per la terapia del cancro: progressi e promesse), che fu pubblicato nell’edizione del gennaio 2008 del giornale Cancer Research. Il risultato di un esperimento su pazienti del 2006, pubblicato nel British Journal of Cancer, fu che la somministrazione di THC era legata a una ridotta proliferazione delle celle tumorali negli umani con glioblastoma in stato avanzato.

Una ricerca italiana riporta che “i cannabinoidi si sono dimostrati molto efficaci nella riduzione della crescita dei gliomi. Sembrano essere degli agenti antitumorali selettivi, dato che uccidono le cellule del glioma senza intaccaer il funzionamento delle controparti non colpite”. Nessuno dei principali media riportò questa scoperta. Forse ora presteranno più attenzione.

Quali possibili progressi nella cura del cancro potrebbero essere stati già fatti negli ultimi 34 anni, se il governo USA avesse scelto di rendere pubbliche le ricerche cliniche sugli effetti antitumorali della cannabis, invece di nasconderle? È una vergogna che dobbiamo speculare su questo, ed è ancora più tragico che le famiglie del senatore Kennedy e migliaia di altre persone devono soffrire mentre lo facciamo.