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Le confessioni di Michele Lanzacurte

Grazie zia.
Lanzacurte, un uomo che di mestiere risolve i problemi degli altri. Se ci sono abbastanza soldi per farlo.
di Jacopo Fo
 
Mi chiamo Michele Lanzacurte e per vivere a volte risolvo i problemi della gente. Non ho una ditta. Neanche un ufficio. E la mia professione non ha nome. Lavoro per gente che non fa caso a certe formalità. Diciamo che mi sono fatto un nome negli anni.
 
Stavo camminando, sotto il sole di questo autunno, in direzione del mio bar preferito, dove ogni mattina mi rintano in una saletta a meditare sullo schifo del mondo e a pregare per le speranze dell'Umanità mentre leggo un giornale scritto da giornalisti con l'anima in riserva e la coscienza nel buco del culo.
Un rito quotidiano che cerco di dimenticare una volta uscito dal bar.
Quando sono lì nessuno mi disturba. Davanti alle brutture del mondo divento scorbutico.
Comunque fu proprio lì, nella mia saletta, che entrò un uomo sui sessanta, vestito con eleganza ma senza ostentazione.
"Ci sta solo lei in questa saletta?"
Lo guardai.
"Sì. Di notte ci bivaccano i ragazzi che vanno a ballare al Red Zone. Ma di giorno non ci viene nessuno."
"Ah" fece il tipo come se fosse stata una scoperta di una qualche importanza. Dopo qualche istante di attesa aggiunse: "E' lei Lanzacurte?"
"Sì."
"La cercavo."
Aspettai guardandolo in viso. Non bisogna mai parlare troppo se vuoi venderti bene.
"Avrei un lavoro da proporle... Se ho ben capito lei è uno che risolve i problemi." Annuii. Faticava a parlare. Peggio per lui.
"Mi chiamo Fabio Filippetti. Posso sedermi?" Feci di sì con la testa.
Appoggiò i manoni sul tavolo. Era uno che nella vita non aveva sempre fatto il ricco.
"Siamo un gruppo di imprenditori. Di padroni se preferisce.  So che lei è un comunista. Ma credo che su quel che le chiediamo anche lei sia d'accordo. Noi non siamo grandi industriali. Aziende piccole e medie. Siamo stufi di dover annegare tra le scartoffie. Credo che lei sappia che oltre alle tasse noi dobbiamo pagare uno spavento in termini di lavoro per come il fisco è organizzato. E' una cosa da schizofrenici! Abbiamo raccolto un po' di soldi e vogliamo spenderli per ottenere la semplificazione della burocrazia e delle imposte. Lo sa che il peso burocratico italiano è il più alto del mondo? Per ogni tre che lavorano uno deve occuparsi delle scartoffie!" Parlava in modo appassionato. Lo raffreddai: "Non deve convincermi. Sono già convinto. La burocrazia mi fa schifo. Ma perché si rivolge a me? Non avete la Confindustria? Credevo che fossero gli imprenditori a comandare in questo paese..."
"Non è così semplice. Come le ho detto, non siamo il grande capitale. Siamo noi che facciamo andare avanti la baracca ma sono 40 anni che chiediamo di piantarla con la burocrazia e non ci dà retta nessuno... La burocrazia fa comodo ai corrotti, ai politici, alle grandi multinazionali. E' un modo per tenere sotto i piccoli. Dà potere. Non gli importa niente se il sistema Italia ne esce azzoppato!"
Mi annotai il compito di meditare sulla strana situazione nella quale la maggioranza dei capitalisti scopre di non contare un cazzo e si convincono di essere sfruttati come operai... La globalizzazione fa strani scherzi.
"Quanti soldi mi mettete a disposizione? Non sono operazioni che si fanno in economia..."
"Iniziamo con 30 milioni di euro. Ovviamente ci dovrà giustificare ogni singola spesa."
"Ovvio. Voglio un anticipo di 500 mila euro e un milione se riesco a ottenere il risultato."

Aveva accettato le mie condizioni. Dovevano essere idrofobi dalla rabbia per cercare uno come me.
Avevo 500 mila euro in tasca. E questa è sempre una buona cosa. Ma non avevo la minima idea di come fare a convincere il governo a varare questa benedetta riforma
Però la riforma ce l'avevo, e anche questo era un bell'inizio. Gli amici di Filippetti avevano ingaggiato uno studio di avvocati per avere un disegno di legge che rispecchiasse i loro desideri.
Girai per un'ora in auto con la busta contenete il malloppone del disegno di legge sul sedile del passeggero al mio fianco.
Poi mi venne un'idea. Anita Sassovito. L'avevo conosciuta a una festa della Luna Piena in una comunità elfica sugli Appennini. Avevamo ballato nudi fino all'alba con altri 200 scatenati. Poi avevamo discusso a lungo sulla filosofia della pasta con i broccoli. E' una ragazza che sa ragionare. Inoltre suo padre era stato parlamentare o qualche cosa del genere. Quindi conosceva il settore.
Le telefonai e mi diede un appuntamento per due ore dopo. Giusto il tempo di spazzare una certa quantità di salmone biologico in un ristorantino assolutamente non punitivo. Salmone in padella con le spezie che usano gli scandinavi. Un'erbetta piccante con foglioline minuscole. Deliziosa. Burro vero su patate arrostite intere.
Andai a casa sua. Dopo i convenevoli le esposi il mio problema...
Poi lei mi disse come la pensava: "Certo con i soldi si può fare tutto. Ma in questo caso non saprei come. Dovremmo parlare con mio padre. Ma disgraziatamente negli ultimi tempi non ci sta tanto con la testa. Straparla."
"Andiamo a sentirlo comunque."
 
Angelo Sassovito era nel suo studio, affondato in una poltrona rossa, stava leggendo l'Unità con una grossa lente di ingrandimento e dimostrava più dei suoi 200 anni.
"Papà, secondo te ci sarebbe un modo per far approvare dal parlamento una riforma della burocrazia e del sistema fiscale?"
Gli occhi del vegliardo si accesero come braci istantaneamente, alzò il dito indice indicando il cielo e lanciò un urlo spaventoso: "AAAAHHH!!! Sono 40 anni che ne parlano. Non lo faranno MAI!!!"
Poi tacque perdendo tutte le forze e ritornando allo stato di quiete. Gli occhi erano vuoti.
Ci stavamo allontanando quando sentimmo che sibilava alcune parole: "L'unica possibilità sono le zie."
 
Lì per lì, quella del vecchio mi era sembrata la solenne stronzata di un rincoglionito totale. Ma poi nella notte, mentre dormivo, l'idea si era fatta strada nella mia mente con tale forza da svegliarmi: LE ZIE!
Siamo italiani. Le zie sono fondamentali... IL POTERE DELLE ZIE.
 
Il mattino dopo mi attaccai al telefono. Sparsi la voce all'interno del mio clan: cercavo una decina di persone capaci per costituire la squadra che avrebbe diretto l'operazione di marketing più estesa e complessa che mai mente umana abbia potuto immaginare.
Passai i successivi 5 giorni a fare colloqui, coadiuvato da Fabrizio Zappaterra, tra le persone che conosco quella che ha più fiuto per le qualità degli esseri umani.
Costituimmo la squadra, 15 persone a quattromila euro al mese e 100 mila euro di bonus a testa se ci riuscivamo. Avevo bisogno di persone che non fossero solo motivate da una giusta causa e da un giusto salario. Le volevo esaltate!
Passammo poi a limare il piano. Dovevamo convincere almeno 400 parlamentari a impuntarsi per varare una legge sulla quale a parole tutti erano d'accordo.
Non doveva essere impossibile.
Poi ingaggiammo 800 ragazze tra i 24 e i 34 anni. E dopo una settimana di training  affidammo a ognuna il compito di contattare le zie, le cugine, le nipoti di un parlamentare. Avrebbero offerto a ognuna un presente da 50 mila euro se riuscivano a convincere il loro parente al parlamento a combinarne una buona.
Poi spedimmo un paio di tipi intelligenti a rompere i coglioni a una trentina di giornalisti blasonati. Organizzammo party per la stampa, regalammo televisori giganti al plasma, marenghi d'oro e champagne in bottiglie da 5 litri. E comprammo pagine intere di pubblicità sui giornali pretendendo articoli redazionali in omaggio. Poi ci occupammo di internet e della tv.
Quando le zie, cugine e nipoti entrarono in azione i parlamentari si sentirono circondati.
Resistettero un paio di mesi e alla fine, per il puro interesse della nazione, la riforma venne approvata e gli italiani furono liberi dalla tassa delle tasse burocratiche e dalla tortura sadica dei labirinti burocratici.
L'Italia si affacciò così nel mondo dei paesi civili.
Ah... Le zie... Quando si mettono a rompere i coglioni, nessuno riesce a resistere.