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La formazione militare delle ragazze. Pinin

Capitolo 16

Quando mi svegliai ero in una stanza dentro la clinica.
O almeno supponevo che fosse la clinica.
Poi persi di nuovo conoscenza.
Poi entrò nella mia stanza la signora anziana svampita. Quella con il vestito a fiori.
Avevo di fronte un grosso infermiere che mi stava cambiando la flebo. Dopo un attimo non c’era più. Al suo posto apparve la signora svampita che mi aveva detto che non avrei amato nessuna delle tre sorelle, poi si era scoperto che aveva ragione perché le sorelle erano quattro.
Mi sorrise e mi disse: “Alzati coglione, sennò questi ti fanno fuori con le flebo.”.
Mi afferrò per i polsi e tirò fino a mettermi seduto. Aveva una presa da lottatore. Probabilmente si era allenata le dita chiudendo ravioli. A volte le donne anziane hanno una forza mostruosa.
Continuò a trainarmi per i polsi fino a quando fui giù dal letto. I miei piedi erano nudi, il pavimento era freddo e per terra c’era l’infermiere lungo disteso. Aveva un lieve sorriso. Forse stava facendo un bel sogno. Evidentemente la signora svampita l’aveva abbattuto. Pensai di chiederle se avesse usato una siringa o il kung fu. Ma non mi ricordo se gliel’ho chiesto veramente. Poi io ero su una carrozzina a rotelle. La vecchietta spingeva. Fuori c’era il nipote, quello che l’aveva accompagnata via la prima volta che l’avevo vista. Il nipote era sempre molto gentile, e guidava un’autoambulanza. Ma questo lo capii dopo, quando superammo il cartello che diceva Milano 200 km.

“Chi sei?” Chiesi alla vecchietta.
Lei come al solito tirò fuori un sorrisetto da anziana inoffensiva. Poi sottovoce, quasi fosse una confessione, mi disse: “Siamo la Resistenza!”
“Tu e chi?”
“Io e Roberto, mio nipote.”
“E cosa fate?”
“Cerchiamo di tirare fuori dalla rete qualcuno. Tipo te, ad esempio.”
“E ci riuscite?”
“A volte.” Sorrise di nuovo.
La guardai. Il nipote, Roberto stava guidando. Io e la signora a fiori eravamo seduti a fianco. La signora era in mezzo. Roberto mi sorrise, poi si rimise a guardare la strada.
La signora a fiori disse: “Allora, innanzi tutto è necessario che tu capisca bene la situazione. Ahh, scusa, non mi sono neanche presentata. Io sono Pina. Ma tutti mi chiamano Pinin. E sono la zia delle sorelle. Per questo so tante cose. Ho capito che c’era qualche cosa che non andava e Roberto mi ha aiutata a mettere dei microfoni. Piccolissimi. Lui è ingegnere informatico. Ci capisce. Sto cercando di impedire a quelle ragazze di fare troppi danni.
Si sono cacciate in una storia più grande di loro.
Io l’ho sempre detto. Da ragazza ero scapestrata anch’io. Stavo con un ragazzo che poi scoprii che era delle Brigate Rosse e mi trovai invischiata. Ma me la sono cavata con un mesetto di prigione… M’è andata bene.”
Fissai intensamente il mio sguardo sul suo viso. Non aveva proprio l’aria di una che poteva essere stata delle Brigate Rosse. Mi grattai il mento incredulo. Avevo la barba ispida.
“E’ lì che ho smesso di credere che sia possibile fare un complotto. Cioè, il complotto lo puoi anche fare ma poi non funziona. Perché appena nasce un complotto subito qualcuno all’interno del complotto si mette a complottare contro qualcun altro. Una volta che si decide di ordire un complotto si cade dentro un vortice di altri complotti e controcomplotti. E' un gioco a somma zero. Non ci sono vincitori. E' solo un massacro.
Le mie nipotine non sono cattive ragazze. Solo che sono presuntuose. D’altronde anche io ero così… Credevano di poter rigirare tutti a loro piacere solo perché sono belle, intelligenti e disinibite. Ma non funziona così. E adesso sono maledettamente in pericolo. E io sono molto preoccupata.”
Avevo tante domande in testa già di mio, e più la signora Pinin parlava e più domande mi nascevano in testa.
“Fermati!” Le dissi. “Una cosa per volta. Chi vuol fare del male alle sorelle?”
“La lista è lunga. La storia è complicata. Dovrei raccontarti tutto dall’inizio.”
“Faremmo notte, salta subito alle conclusioni.”
“Ci sono due gruppi.”
“Questo lo so già, la Congregazione e l’Alleanza…”
“Bravo. Poi c’è anche un gruppo di ragazzi della mia generazione. Anche quelli li conosco. Per vie traverse. Sai com’è ci si conosceva da giovani… Loro hanno scelto un nome idiota: La Polizia Alchemica, una volta erano l’Armata Rossa... Hanno quasi settantanni e sono restati  bambini. Ma la cosa interessante è che in realtà la Congregazione e l’Alleanza, sono due organizzazioni antagoniste solo sulla carta. Sai come succede: gli estremi che si toccano.” Fece un sorrisino passandosi la mano nei capelli. Un gesto vanesio, di quelli che fanno le ragazze quando vogliono giocare con il tuo cuore. Mi resi conto che da giovane doveva essere di una bellezza impressionante.
“Le mie nipotine hanno scoperto che i capi dei due partiti hanno fatto qualche patto scellerato. E hanno deciso di sfruttare l’informazione. Pensavano di essere molto furbe. Si sono inventate un uomo del destino. Un uomo immaginario. Il portatore ignaro di un’anomalia quantistica. L’uomo che conosceva il numero che avrebbe permesso di generare l’algoritmo che avrebbe permesso di prevedere tutti i numeri: le quotazioni azionarie, le uscite alla roulette, le estrazioni del lotto.
Ma le ragazze hanno sbagliato i conti. Erano troppo brave a raccontare favole e quegli uomini erano troppo desiderosi di crederci.
Alla fine hanno dovuto tirare fuori l’uomo del numero. E tu passavi di lì, bello come il sole. Sufficientemente boy scout, sufficientemente strano, sufficientemente credibile.
Poi Deborah si è innamorata di te e questo ha complicato tutto. Poi siete scappati… E adesso bisogna correre ai ripari. Dobbiamo trovare il modo di fare uscire dalla storia le ragazze.”
“Come?”
“Come si intitola quel film?… Reloaded. Dobbiamo ricaricare il file. Correggere gli errori. Ho degli amici. Amici fidati. Dobbiamo andare dalla Polizia Alchemica e raccontare tutto. È grazie a loro che ho saputo dov’eri finito. Loro hanno i mezzi… Non ti hanno perso di vista un solo momento… Quell’Armin… Non è uno stupido. Da ragazzo non sembrava proprio. Era cotto di me ma io niente… O quasi… Insomma dobbiamo rivolgerci a loro! E loro devono andare dalla Congregazione e dall’Alleanza e dire che è suonato il gong e i giochi sono chiusi. E voi sparite.”
“Voi chi?”
“Tu, e le mie ragazze. Tutto ha un prezzo. Ma se restate da queste parti, per una ragione o per l’altra sarete tutti morti. Troppi soldi in ballo, veri e presunti, troppi signori della guerra che si combattono e si tradiscono. Voi siete solo pedine sacrificabili sulla scacchiera. E sei abbastanza grande per capire che le pedine sacrificabili prima o poi finiscono in padella. Soprattutto se tutti sono convinti che una pedina conosca un numero che vale un milione di miliardi di dollari. Il finale del film puoi scrivertelo da te.”

La gentile vecchia, era dura come una spranga di tungsteno sbattuta sulla testa. Ho sentito dire che non c’è niente di più duro.
Ma sinceramente non so neanche cos’è il tungsteno.
Ci fermammo in una casa alla periferia di Milano. Una villetta in mezzo a una schiera di villette, in un quartiere recintato dove c’erano molte schiere di villette e dei signori in divisa con dei fucili da elefanti e delle pistole estremamente grosse che facevano su e giù lungo la recinzione con il filo spinato sopra. Gente che si fida insomma.
Quando uscimmo di lì, dalla villetta a schiera, erano le otto di mattina. Avevo fatto colazione con una fetta di torta margherita con le mandorle e il caffelatte. Neanche mia nonna la faceva così buona. Il che è tutto dire.
La signora che l’aveva infornata era bionda platino e asciutta. Era anche alta uno e ottanta. Sorrideva anche a lei e mi aveva voluto spiegare a tutti i costi la ricetta. Magari la farai ai tuoi bambini. Una nonnina molto carina. Poi mi aveva dato un cartoccino. Qui ce n’è un altra fetta. Me la infilai in tasca ringraziando. Poi mi aveva messo in mano una Beretta calibro nove parabellum a 17 colpi con mirino laser. Una bestia con un’impugnatura che fatichi a tenerla se non sei Carnera. E mentre me la infilavo nella cintura mi aveva fatto scivolare nella tasca della giacca tre caricatori.
Adorabili vecchiette.
“Non si sa mai.” Mi disse.
Indossavo giacca e pantaloni del marito della signora. Un tipo alto anche lui. Alto, magro e calvo. Indossavamo tutti una giacca grigia e camicia bianca. Pantaloni grigi. Eravamo in cinque. Io e 4 signori di una certa età. Poi c'era la zia Pinin che guidava la spedizione punitiva. La signora Pinin me li aveva presentati dicendo: “Loro sono miei amici. Ci si può fidare, non hanno parlato quando stare zitti costava caro…” Una signora piena di risorse e con molti amici ex brigatisti…
Salimmo su due macchine.
Dopo una mezz’ora arrivammo sotto il palazzo dove la Polizia Alchemica aveva la sua sede. L’ascensore era grande e ci entrammo tutti e sei.
Arrivammo al quinto piano. Pinin disse: “Armin è un maniaco… sceglie sempre il quinto piano.”
Ci trovammo di fronte a un’ampia sala con il desk della reception. Lo sapevo perché c’era scritto desk reception sopra una lastra di rame lucente, incisa con caratteri neri.
Pinin si rivolse alla signorina seduta dietro il ripiano di cristallo nero e le disse: “Tesoro, chiama il tuo capo… Il dottor Pauletti…”
La ragazza fece uno di quei sorrisi che si comprano solo nei supermercati per ricchi e chiese: “Chi devo annunciare?”
“Pinin.”
“Mi scusino.”
Si alzò, girò i tacchi e prese per un corridoio che si apriva di fronte a noi.
Pinin ci guardò e le andò dietro. E noi dietro di lei.
La ragazza della reception si accorse che le stavamo dietro solo quando arrivò di fronte all’ufficio del capo. Disse: “Ma voi?...”
La superammo. Entrammo nell’ufficio. La signora Pinin disse: “Armin, dobbiamo parlare”. Un signore con i capelli grigi ci guardava perplesso: “Carissima Pinin, quanto tempo… A cosa devo la visita?”
Si avvicinò affabile tendendole la mano.
Dieci occhi lo guardarono. Lui si mosse con cautela.
Poi disse: “Vedo che i tuoi amici sono nervosi.”
“Siamo tutti nervosi. Le mie nipotine sono nei guai.
E tu potresti risolvere questi guai.”
“Con piacere. Ma perché ti sei portata dietro questi bravi giovani. Bastava che tu chiedessi. Sono lieto di aiutarti.”
“I giovanotti non sono per te. Sono qui perché adesso andiamo a parlare con i capi delle due fazioni. E penso che ti converrà essere molto convincente. Potresti dire loro che se non si dimenticano subito dell’esistenza delle mie nipotine tu ti arrabbieresti molto.”
“Mi chiedi una cosa complicata.”
“Anche per me è stato complicato stare zitta per un mucchio di tempo. E tu ti sei evitato una decina di anni di prigione per banda armata. E poi sei tu che hai deciso di creare la Polizia Alchemica… Che tra parentesi è un nome del cazzo.”
Armin ci pensò sopra.
Pinin gli lasciò il tempo.
Poi Armin disse: “Va bene.”
Pinin disse: “Chiamali al telefono. Dì che li vogliamo incontrare a Santa Maria delle Grazie, Dove c’è l’Ultima Cena di Leonardo. Fra un’ora.”
“Così alla svelta?”
“Telefona!” Lo disse in modo definitivo. Uno dei bodyguard attempati che stava alla mia sinistra sorrise. Gli altri tennero la faccia da mulo.

Dopo un’ora eravamo di fronte al grande dipinto di Leonardo. Che per inciso è evidente che l’Apostolo alla destra di Gesù è una donna.
Era pieno di gente. Turisti intruppati dietro le loro guide con la bandierina.
Poi arrivò la delegazione dell’Alleanza. Erano in quattro. Appena li vidi sentii che mi stavano antipatici. Avevano delle giacche blu con le spalle mosce che già mi stavano sui coglioni quando andavano di moda.

 

INDICE CAPITOLI

Capitolo 1 Ottima marmellata d’arance

Capitolo 2 Ragazze educate

Capitolo 3 Una situazione complessa

Capitolo 4 Agguati mentali

Capitolo 5 Eventi indecifrabili

Capitolo 6 La Fratellanza

Capitolo 7 Nera. Ma quanto nera?

Capitolo 8 Il tripudio della confusione

Capitolo 9 La Fortezza

Capitolo 10 Scatole dentro scatole dentro scatole

Capitolo 11 La Polizia Alchemica

Capitolo 12 Fisso il pensiero fisso

Capitolo 13 clicca qui

Capitolo 14 clicca qui

Capitolo 15 clicca qui

Capitolo 16 Pinin

Capitolo 17 Fine