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La Casta dell'acqua

La Casta dell'acquaAbbiamo deciso di riproporre questo libro di Giuseppe Marino, un nome un destino, perché l'argomento è di grande attualità. Il 12 e il 13 giugno oltre a votare Sì per dire No all'energia nucleare saremo chiamati anche a votare Sì per dire No alla privatizzazione dell'acqua e dei servizi idrici nazionali.
Quella per l'acqua, l'oro blu come viene chiamato, è probabilmente una delle battaglie più importanti che ci ritroviamo a dover combattere. Non possiamo lasciare l'acqua in mano ad aziende private che hanno il solo obiettivo di generare profitti, fatturato, soldi.
L'acqua non può essere privata perché ognuno di noi è composto al 70% di acqua e perché senza di essa si muore!
Di seguito vi proponiamo un estratto dal capitolo 16. Il libro può essere acquistato direttamente online cliccando qui, ve lo spediamo in due/tre giorni, così riuscite a leggerlo in tempo...

La sfida dell'acqua del sindaco

Non farà plin plin, ma “chi non le beve tutte, beve l'acqua del rubinetto”,  come recitava un cartellone affisso sugli autobus di Firenze nel 2005. Il duello a colpi di spot è iniziato già da qualche anno, gli acquedotti sfidano lo strapotere della minerale: il primo cittadino di Venezia, Massimo Cacciari, ha messo la sua faccia barbuta in un manifesto nel quale si versa un bel bicchiere da una brocca sopra lo slogan, a dire il vero non proprio campione d'originalità, “Anch'io bevo l'acqua del sindaco”. Decisamente più innovativa, invece, l'idea di regalare a tutti i veneziani una brocca per gustare il prezioso liquido. A Genova sono arrivati addirittura a dare un nome al liquido distribuito dall'acquedotto locale: “Acqua San Giorgio” si chiama, e ne pubblicizzano le caratteristiche. A Roma, dopo 250 milioni di prelievi, si è deciso di rendere pubblica la “carta d'identità dell'acqua” per mostrarne ai cittadini l'elevata qualità. E Altraeconomia ha lanciato un'apposita campagna, battezzata “Imbrocchiamola”. Seicento ristoranti e locali vari hanno aderito all'iniziativa e servono caraffe d'acqua pubblica, senza storcere il naso come avviene in tanti bar. Un modo per valorizzare l'oro blu che sgorga dal rubinetto a un prezzo pari a un millesimo di quello delle acque minerali in bottiglia. Che però continuano a conquistare gli italiani : dev'essere tutta colpa di quel vecchio spot dell'anticalcare in cui si vede un idraulico che estrae la serpentina della lavatrice e la mostra a un'inquieta casalinga. Un primo piano dell'attrezzo lo inquadra orridamente incrostato a causa della “durezza” dell'acqua corrente, ossia il suo contenuto di calcare. Sarà forse così, vedendo quella serpentina appesantita da stalattiti bianche, che è nata la diffidenza verso il nostro rubinetto di casa.
In realtà, gli esperti spiegano unanimi che il calcio disciolto nell'acqua, che pure danneggia gli elettrodomestici, per il nostro organismo non è affatto un problema. Al contrario, l'associazione Altroconsumo ha realizzato una campagna a favore dell'acqua di casa invitandoci a “non restare imbottigliati”. Ha analizzato le acque di 35 città italiane, concludendo che è sicura per la salute e ottima da bere ovunque (fa eccezione la sola Reggio Calabria). “Studi recenti”, spiega Claudia Chiozzotto, responsabile dei controlli sull'acqua per Altroconsumo “dimostrano che le acque leggere, come quelle scandinave, potrebbero favorire la comparsa di malattie cardiovascolari”.
Le fa eco la nutrizionista Evelina Flachi, intervistata dal Giornale: “Le acqua del territorio nazionale”, spiega, “vengono regolarmente controllate. E sono sicure. Ci sono livelli che per legge vanno rispettati, quindi i consumatori possono stare tranquilli. L'acqua del rubinetto può competere con quelle in bottiglia.”
In sostanza, dicono le analisi, in quasi tutta Italia disponiamo, in casa, di una vera e propria fonte d'acqua oligominerale: con la giusta dose di calcio, povera di sodio quanto quelle “con una povera particella sperduta”, a “zero calorie” come quelle pubblicizzate per le diete e soprattutto, controllata in continuazione dalle aziende sanitarie locali. Il paradosso è che nel nostro paese l'acqua minerale e l'acqua del sindaco sono regolate da legge, regolamenti e parametri chimici diversi. In origine, infatti, l'acqua minerale era stata intesa dal legislatore come destinata esclusivamente a usi terapeutici – dunque, a persone che necessitano di diete particolari.
Molte acque minerali, se rapportate ai parametri previsti dalle normative che regolano il liquido che esce dai nostri rubinetti di casa, sarebbero classificate come “non potabili”.
“In Piemonte” spiega Giuseppe Altamore, in Acqua Spa, “imbottigliano un'acqua con un residuo fisso di circa 20 milligrammi/litro. Bene, nessun acquedotto distribuisce un'acqua così povera di sali, perché ritenuta 'poco potabile'. Raramente un acquedotto fornisce un'acqua con un residuo fisso al di sotto dei 100 mg/lt. Ma i venditori di minerale riescono a trasformare un difetto in un pregio”.

 

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