Premio Struzzo d'oro a Bassolino

Facebook Instagram TikTok YouTube Twitter Jacopo fo english version blog

 

RESTIAMO IN CONTATTO!

PER CONOSCERE GLI ULTIMI AGGIORNAMENTI VISITA LA MIA PAGINA FACEBOOK

 


Bassolino ha avuto più di 10 anni di tempo per affrontare i problemi di Napoli. Non ha ottenuto un bel risultato.
Lui e la Jervolino, hanno continuato a affermare imperterriti che la situazione a Napoli “non è così drammatica” fino a quando la lava del crimine e della sporcizia non ha completamente sommerso la città.
Avevano paura che sennò i turisti si sarebbero spaventati.
Ma che dire di un popolo che se ne stà buono buono a vivere in mezzo ai veleni e agli scippi?
Napoli affonda, i pochi che avrebbero idee per cambiare non li ascolta nessuno.
Solo un’ondata comica può risvegliare la speranza.

su Napoli abbiamo scritto molto. Trovi quì l'indice di tutti gli articoli e un capitolo del libro "Napoli nel sangue"
Audio: Napoli Brucia?
Un capitolo del libro.


Commenti

Ogni giorno, quando apro il giornale, o accendo la televisione per vedere il telegiornale ho un momento di stizza. La violenza che sta esplodendo in citta` come Napoli e'spaventosa. Un mio amico mi dice "E` sempre stato cosi`": non sono d'accordo, l'ultima volta che sono stato a Napoli (4 anni fa) non mi e` sembrato di trovarmi in una citta` sotto assedio. Allora penso, e mi ricordo cosa racconta Jacopo a proposito del sindaco "visionario" di Bogota`...
Il sindaco di Bogota` circa dieci anni fa si trovo` a gestire una Napoli formato gigante e scelse "l'assurdo" per sensibilizzare, anzi svegliare la coscienza dei cittadini e delle cittadine.
Fece distribuire un kit che comprendeva un profilattico, unn gettone di plastica rossa che si consegnava a chi avesse fatto una gentilezza, un cartellino rosso da mostrare a chi si comportava in maniera scorretta (cosa che da quelle parti e` spesso fonte di sparatorie), un fischietto ed altri oggetti apparentemente assurdi. In questo modo riusci` a far approvare poi una legge per chiudere i locali dove si vendeva alcool dopo una certa ora, con l'intenzione di limitare i morti, tanti e non solo per incidenti stradali, del finesettimana. Tra le altre cose assunse dei giocolieri che facevano spettacoli sulle strisce pedonali consentendo una regolazione del traffico in misura più efficente rispetto ai vigili che erano completamente ignorati. Insomma tento e riusci` ad ottenere il consenso con il convincimento più che con l'imposizione e la forza.
Forse Napoli ha bisogno di stupore, di "assurdo" per iniziare a fermare questa tragedia continua...
un abbraccio
Carlo

la crisi-camorra di oggi

punto uno: ai politici napoletani non è permesso debellare la camorra in quanto facenti parte di un sistema che, dal punto di vista operativo, è molto meno pronto rispetto ad essa. gruppi politici che fanno eccezione sono comunque sotto il controllo della camorra, se sgarrano pagano, e anche salato. dopotutto, chi ha voglia di fare l'eroe per soli 18000 euro al mese?...neanche fossero soldi pubblici!

punto due: i politici attualmente responsabili dell'ordine a napoli hanno solo una vaga idea di cosa sia la camorra e non hanno neanche voglia di impararlo, dato che ciò non infliurà sulle prossime elezioni. non influirà perchè se riescono a intaccare soltanto quest'organizzazione, l'opinione pubblica inquadrerà i loro tentativi solo come fallimenti. E comunque non riusciranno mai a debellarla, perchè morto un boss se ne fa un altro, a meno che non mettano in atto un programma di recupero per i ragazzi a rischio (vedi punto quattro) e ciò porterà a vedere i loro -finalmente- meritevoli sforzi come un ennesimo fallimento.

punto tre: le ultime due volte che pisanu ha fatto un attacco a sorpresa alla camorra, i risultati non sono stati soddisfacenti. dopo aver arrestato i boss più importanti, pisanu ha preso su baracca e burattini e se n'è andato, lasciando nelle strade un vuoto di potere: interi quartieri non avevano a chi pagare il pizzo, quintali di sostanze illegali giacevano nei magazzini, e via dicendo. per mesi questo vuoto è stato colmato dai quindicenni che, se prima facevano gli scippi ed erano all'ultimo gradino della gerarchia, quando vedono i loro capi in carcere diventano padroni delle strade. però questiguagliuncelli sono così tanti che iniziano a farsi la guerra tra loro: volendo azzardare delle statistiche, l'80% di loro capiscono di aver fatto il passo più lungo della gamba etornano ai loro consuenti scippi e "corsi di apprendistato" presso centri di spaccio e diriciclaggio; il 15% spara al 5% rimanente e si ricreano, così, le gerarchie intorno ai pochi veterani rimasti. in un paio d'anni tutto torna come prima. sono questi vuoti di potere che creano crisi di omicidi come quella a cui stiamo assistendo.

punto quattro: i ragazzi non hanno alternativa. non andate a raccontare loro che bisogna alzarsi la mattina alle sei per cercare un lavoro sottopagato, umiliante e probante, che non assicura neanche mezza giornata di malattia (figuriamoci l'assistenza sanitaria quando avranno cinquant'anni) o una vecchiaia serena; se non ci sono vere possibilità, il futuro per sè e soprattutto per i propri cari lo si può creare solo nell'illegalità. si rischia di finire in carcere? rischio da correre, ovvio. la miseria fa molta più paura, per non parlare della rabbia e della frustrazione. l'aumentare del precariato (e il suo elogio da parte di alcuni), il fiorire di agenzie di lavoro interinale e, perchè no?, tante più piccole cose, come il dover di nuovo "contribuire" alle spese sanitarie nazionali, non hanno di certo aiutato. finchè non verrà attuato un progetto di risanamento a lunghissimo termine del meridione, che possa aiutare i giovani a credere in un futuro onesto, con un'enormità di fondi stanziati per il vero sviluppo (che non finiscano nelle solite tre o quattro paia di tasche, che siano di facile e corrente distribuzione, che valorizzino i sogni di chi non ha come attuarli) non ci sarà mai una vera e propria pulizia quaggiù, ma solo piccoli interventi pubblicitari di questo o di quell'altro governo, col solo risultato di destabilizzare un illegale ma abbastanza quieto equilibrio di poteri.

punto cinque: le forze dell'ordine -nelle loro due componenti: dirigenti ed operatori- non hanno i mezzi per farcela da soli: le cariche più alte sono troppo lontane dai vertici camorristici per capire quanto contorti siano i piani e i traffici che vengono quotidianamente attuati. stavolta senza ironia, non si può chiedere a chi pattuglia le strade per mille euro al mese di esporre il petto alle pallottole senza un preciso progetto tattico alle spalle. che poi a volte lo facciano lo stesso, è triste, perchè serve a poco o anche a niente.

Maurizio Maggiani: Il declino di Napoli e l’omertà del potere
Tratto da “Il Secolo XIX”, 5 novembre 2006

Io c’ero la notte che Piazza Plebiscito si illuminò e tutta Napoli si accese nello splendore e nella meraviglia del meglio di se stessa appena ritrovato. Io c’ero l’inverno che assieme alle piazze e ai teatri si illuminarono gli sguardi dei napoletani, e pareva che quel loro rinascimento dovesse essere il rinascimento di tutto un Paese. C’ero, e nel ricordarlo è come se rivangassi in un passato remoto, in un’epoca leggendaria di cui ancora si conservano flebili tracce e contradditorie testimonianze; e non è stato più di quindici anni fa. Quello che è oggi Napoli non è tutto nelle immagini della Tv e nei reportage dei giornali – Napoli è anche più grande delle sue cronache, ma non è certo quello che sembrava così sicuro potesse continuare ad essere e diventare nei giorni di quella lontana epoca. Cosa è successo di così vasto e drammatico perché il tempo di un’epoca si esaurisse in una manciata di anni? Cosa è successo nelle cose, cosa nelle persone? Mi sgomenta guardare Bassolino parlare in Tv, e mi interrogo su come il potere, il vero, solido potere di cui ha goduto e gode possa averlo trasformato, come se il potere fosse una malattia degenerativa. Bassolino, il cui sguardo vivido mi scrutava allora appiccicato in ritratto sui registratori di cassa dei bar con sotto scritto ‘o Re, il Re del rinascimento, l’uomo che ha fatto l’ultima rivoluzione napoletana, oggi si espone come una mummia pietrificata di se stesso, capace di recitare luoghi comuni a manciate, a gragnuolate. Non diversamente gli altri uomini della politica, non diversamente i ministri e gli ex ministri, i deputati, il sindaco, che è lì, si sente dire, solo perché Bassolino ha voluto che lì fosse nonostante un quinquennio di sconfitte, chi ha responsabilità, e ne ha avute, responsabilità enormi per fare e disfare. Parlano di Napoli ognuno di loro nella sua inflessione con parole non diverse da quelle che usava il vecchio Lauro cinquant’anni or sono. O come ne parlerebbe ancora Maradona, o Ferlaino, o uno a caso dei presidenti del Napoli Calcio. Napoli deve tornare a sognare, dicono, senza battere ciglio, senza nemmeno una parola sul perché ha smesso di farlo. Napoli deve sconfiggere la malavita, senza una parola sul perché la malavita non è stata mai sconfitta. Napoli ha bisogno di più risorse, senza sognarsi di denunciare la fine che hanno fatto quelle già dilavate. Anche coloro di cui è sicura una certa intelligenza sciorinano frasi fatte, talmente fatte da risultare persino nel loro odore disfatte. Si indignano con quel genere di indignazione che fa venire in mente lo stile retorico di Mario Merola, anche se hanno imparato a recitare a Milano o Roma. Certo che Napoli non è una fogna, ma sembra evidente che c’è chi non sarebbe dispiaciuto di pascersi in una città trasformata in un immenso immondezzaio materiale e morale. Le loro parole sono così poco consistenti di realtà da farmi sospettare che celino l’imbarazzo di chi conosce la verità e non può permettersi il lusso di manifestarla. Cosa è accaduto in questi quindici anni? Un paio di anni fa ho avuto una conversazione interessante con un giovane tassista in realtà un laureato in giurisprudenza che, fortunato, aveva trovato da fare il tassista lungo la strada che da Castel dell’Ovo porta a Capodichino. Diceva il tassista che Napoli si era desertificata, essiccata di tutto il movimento di individui, gruppi, opinioni, volontà libere e spontanee generosità, intelligenze e sensibilità che erano state convocate e mobilitate per quella notte di quindici anni or sono, per costruire quello splendore, per fare materia di quelle speranze, per mantenerle in vita e farle crescere. A un certo punto la città, il suo tessuto e la sua anima, ne è stata svuotata. Quando, perché? Quando il Rinascimento è diventato potere. Quando si sono voluti trasformare in uomini di potere gli uomini e le donne della volontà. Chi ha accettato si è fatto oligarchia, la nuova oligarchia nata dal Rinascimento. Chi ha accettato, si è dotato di un ufficio, di un bilancio e del potere di gestire l’uno e l’altro per accrescere il suo potere. Per cooptare altri uomini da usare per creare nuovi territori di potere. Chi non ha accettato, e sono stati i più, si è posto oggettivamente contro il potere, indesiderabile ai suoi occhi, messo in grado di non agire per non nuocergli. E la città svuotata dalle buone volontà si è riempita di cattive intenzioni, e lo spazio lasciato libero di positive intenzioni è stato colmato di immondizia. Credo che il discorso del tassista sia stato uno dei pochissimi ragionevoli e di verità che io abbia ascoltato. E il laureato in giurisprudenza faceva il tassista perché era stato uno dei volenterosi che non ha accettato di essere cooptato “ad altro e più importante incarico”. C’è una cosa che mi viene in mente proprio adesso. Vi ricordate i giovani di Locri? Quei ragazzi coraggiosi che hanno sfilato l’anno scorso dopo l’assassinio di Fortugno sfidando la ’ndrangheta con gli striscioni “adesso ammazzateci tutti”? Un esempio limpido, una bella notizia per tutto il Paese. Ecco, qualche tempo fa, a pochi mesi dal corteo, ho ascoltato una delle ragazze di Locri invitata a parlare alla Camera dei deputati. Ho ascoltato attentamente il suo discorso: sembrava quello di un deputato già con un paio di legislature alle spalle. Probabilmente la ragazza neppure se n’è accorta, ma l’avevano già cooptata. Una carriera di politico davanti a sé, un piccolo ma definitivo posto vuoto alle sue spalle.