David Servan-Schreiber Guarire

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David Servan-Schreiber Guarire Carissimi,
continua il Maggio dei Libri e oggi in offerta a solo 1 euro abbiamo Guarire, un libro straordinario di David Servan-Schreiber, un medico, psichiatra e ricercatore scientifico, autore anche di un altro meraviglioso libro: Anticancro.
Guarire racconta “una nuova strada per curare lo stress, l’ansia e la depressione senza farmaci né psicanalisi”. Così recita il sottotitolo, che tuttavia non rende giustizia al testo.
L’autore non è un nuovo guru che propone pratiche assurde e poco realizzabili nel mondo occidentale, semplicemente (!) mette insieme una serie di tecniche e di esperimenti che hanno dato ottimi risultati nella cura dello stress e della depressione e ce li racconta come un amico seduto nel nostro salotto. Il libro è appassionante, divertente e sorprendente. E le cure sono gratis.
Ognuno di noi ha un amico, un conoscente, un parente che si imbottisce di farmaci per curare la depressione, sentiamo spesso parlare di quanto sia difficile poi uscire da questa dipendenza, di quanto i medici sconsiglino di calare le dosi, e che comunque per uscire dalla morsa degli psicofarmaci ci vogliono anni.
Tendiamo poi a chiamare tutto “depressione”, a giustificare ogni malessere definendolo “stress” e la tentazione di infilarsi una pastiglia in bocca per stare meglio è più che comprensibile, sia essa allopatica o alternativa. Speriamo sempre che qualcosa al di fuori di noi sia la panacea per la nostra fatica di vivere.
Oppure iniziamo costose e lunghissime psicoterapie, ci affidiamo alla più empirica delle scienze: la psicanalisi. Parliamo per anni di genitori, nonni e quant'altro magari – non sempre, per fortuna – distesi in un lettino mentre il medico dietro di noi sonnecchia perché come dice quella vecchia barzelletta: quanti psicanalisti ci vogliono per cambiare una lampadina? Nessuno, è la lampadina che deve voler cambiare.
Questi sì sono i nuovi guru: abbiamo sempre l’impressione che loro abbiano la soluzione ma non ce la vogliano dire, così, per dispetto. E quando usciamo stremati dai nostri cinquanta minuti di monologo abbiamo distrutto tutto: famiglia, ambiente, vita, ma non sappiamo proprio come fare a ricostruirci. E inoltre la terapia ci sta mandando sul lastrico.
Esageriamo, ovviamente!  La psicanalisi ha aiutato molte persone in tutto il mondo ma chi l’ha provata sa perfettamente che il grande lavoro lo si fa in proprio, con l’attenzione di Indiana Jones alla ricerca del nostro tesoro interiore.
David Servan-Schreiber ci dà una terza via. Ci racconta alcune storie, ci parla di alcune tecniche che non richiedono investimenti costosi, ma che possono essere in molti casi risolutivi. Un po’ come l’uovo di Colombo, in pratica ci dice: state attenti a voi stessi, provate a fare così o colà, funziona. E che funziona non lo dice solo lui: lo raccontano decine di studi, esperimenti fatti nelle migliori università del mondo. Perché non li conosciamo? Perché costano nulla e questo ai signori che producono il Prozac non piace proprio.
Un esempio? Riportiamo un brano del libro, buona lettura!


Prozac o Adidas?
Il panico di Bernard

Bernard era un produttore cinematografico di successo. A quarant’anni tutto sembrava riuscirgli: aveva un bell’aspetto, un’eleganza innata, un sorriso aperto che gli guadagnava la fiducia di tutti nel suo ambiente e un fascino irresistibile. Ma, in realtà, da due anni continui attacchi d’ansia gli avvelenavano la vita, al punto che si sentiva del tutto privo di slanci e motivazioni.
Il primo attacco si era manifestato durante un pranzo di lavoro in un ristorante molto affollato, senza preavviso. Anzi, tutto andava molto bene quando, di colpo, Bernard aveva avuto un malore: colto dalla nausea, si era accorto che il cuore gli batteva all’impazzata e che gli manca il respiro. Il suo pensiero era corso subito a un suo amico d’infanzia stroncato l’anno prima da un infarto, e questo era bastato perché il cuore accelerasse ancora di più. Incapace di pensare ad altro che alla morte del coetaneo, Bernard aveva concluso che sarebbe successa la stessa cosa anche a lui. Balbettando delle scuse ai commensali, si era diretto con passo malfermo verso l’uscita del ristorante e, chiamato un taxi si era fatto portare al pronto soccorso dell’ospedale più vicino. Là gli era stato spiegato che non aveva avuto un infarto, ma solo un attacco di ansia, o meglio di “panico”.
Secondo le statistiche questo accade con grande frequenza: una persona su cinque vittima di questo tipo di disturbo fisico finisce in ospedale e non da uno psichiatra (e circa la metà arriva in ambulanza!).
Nei due anni seguenti Bernard tornò altre volte al pronto soccorso, ma consultò anche diversi cardiologi, sentendosi sempre ripetere che i suoi sintomi non erano di origine cardiaca. Poi, un giorno, uno specialista gli prescrisse lo Xanax, un tranquillante, dicendogli che gli sarebbe servito per rilassarsi.
All’inizio la cura lo aiutò molto: le crisi cessarono, e in più c’era la certezza di poter sempre contare su quella pillola. Bernard arrivò fino ad assumerne quattro al giorno per evitare che l’ansia lo ostacolasse sul lavoro, ma dopo qualche tempo si accorse di aver sviluppato una farmacodipendenza: ogni volta che ritardava anche di poco l’assunzione della dose successiva, l’angoscia lo attanagliava. Capì di essere arrivato al punto critico quando durante un viaggio all’estero, quando la compagnia aerea gli smarrì i bagagli. Privato in modo brusco della medicina che lo rassicurava ebbe un violento attacco di panico e nel volgere di poche ore l’ansia si fece così divorante e il suo cuore cominciò a battere tanto forte che, oggi, Bernard ricorda ancora quel giorno come il peggiore della sua vita. Tornato a casa, decise di non prendere mai più l’alprazolam e di liberarsi dalla dipendenza che gli aveva procurato.
Alcuni anni prima Bernard aveva notato che mezz’ora di nuoto gli bastava per sentirsi meglio per almeno un paio d’ore, così riprese ad andare in piscina, ma la sensazione di benessere non gli sembrava sufficiente. In quel periodo furoreggiava la moda dello spinning, la pratica intensiva e di di gruppo di una forma di ciclismo da sala, e lui decise di provare. Tre volte la settimana si piegò al ritmo sfrenato imposto da un istruttore che non permetteva a nessuno di rallentare. Il pulsare della musica techno e l’emulazione dei vicini incoraggiavano Bernard a resistere per tutta l’ora di esercizio, da cui usciva stremato ma anche di ottimo umore, con un’intensa sensazione di rilassamento che durava a lungo. Ben presto si accorse che se voleva dormire di notte non doveva praticare lo spinning dopo le sette o le otto di sera. Ma il risultato più notevole fu che riprese fiducia nella sua capacità di fronteggiare gli attacchi d’ansia, che dopo qualche settimana sparirono completamente.
Oggi, a due anni di distanza, Bernard continua a parlare degli stupefacenti benefici dello spinning a chiunque voglia ascoltarlo, e non ha più avuto crisi. Lui si descrive come un “patito dello spinning” e non sbaglia: se smette di praticarlo, come del resto se non ha possibilità di fare qualsiasi altro sport, dopo pochi giorni si sente male. Quando è in viaggio sta molto attento a mettere sempre in valigia le scarpe da jogging per poter, come dice, “allentare la tensione”. Ma questa da sport è una tossicodipendenza che gli fa solo bene; gli permette di controllare il peso, accresce la libido, migliora il sonno, abbassa la pressione arteriosa, rinforza il sistema immunitario, lo protegge dalle malattie cardiache e anche da alcune forme di cancro. Se è “dipendente” dall’esercizio fisico, quell’intossicazione gli dà la sensazione di controllare meglio la sua vita, esattamente il contrario di quello che gli capitava con lo Xanax.”

Nel libro poi l’autore spiega che non occorre fare lo spinning per sentirsi meglio, venti minuti di cyclette tre/quattro volte a settimana sono sufficienti, meglio ancora una passeggiata a passo veloce o una leggera corsetta di almeno mezz’ora (come dice Servan-Schreiber: “Passo svelto da non riuscire a cantare ma che permetta ancora di parlare”).
Prendersi del tempo per sé è fondamentale, anche quando non si ha voglia, un minimo di sforzo per grandi risultati. Poi adesso è primavera e passeggiare è piacevole… Eddai!

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