Una grande lezione da mio padre: vivere alla grande sfruttando la propria, intima, misteriosa “attitudine”

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Di Jacopo Fo

Un giorno Piera mi dice: “In uno spettacolo io entro in scena per la prima volta camminando completamente coperta da un lenzuolo. E ogni volta gli spettatori ridono. Una sera stavo male e sono stata sostituita da un’altra ragazza che ha fatto la stessa identica cosa ma nessuno ha riso. Perché?”
Io non sapevo cosa dire e allora ho chiesto a mio padre. Mi ha risposto: “Certo, è l’attitude”.
Attitude è un termine francese che gli attori usano gergalmente per indicare questo fenomeno misterioso: due attori eseguono esattamente perfettamente la stessa gag ma solo uno fa ridere.
Eppure se guardi attentamente quello che fanno, non riesci a scorgere nessuna differenza.
Ne abbiamo parlato parecchio durante il corso di teatro che si è svolto ad Alcatraz la settimana scorsa (vedi tutte le lezioni).
Molti attori si impegnano allo stremo per replicare esattamente toni, movimenti ed espressioni di un maestro ma non riescono ad ottenere lo stesso risultato.
La differenza non sta nei gesti ma in qualche cosa di più difficile da scorgere e imitare, qualche cosa che a oggi nessuna cinepresa ad alta velocità riesce a cogliere, nessuna macchina scientifica è capace di misurare.
Parlo di un aspetto talmente sottile, veloce, impalpabile e inconscio che non è possibile modificarlo volontariamente.
Qualche cosa che dipende da cosa vogliamo ottenere raccontando di fronte a un pubblico una storia. Da come “sentiamo” il pubblico, dal tipo particolare di paura di fallire che ci emoziona in quel momento; dal nostro modo di vivere la paura.
Quando sei di fronte al pubblico vorresti dare il massimo, sei emozionato, hai paura. Ma puoi al contempo pensare (come dice mio padre) che hai di fronte degli amici che si sono infilati il cappotto e sono usciti di casa apposta per venire a vederti, e puoi pensare che il tuo obiettivo è raccontare loro storie che li divertano e magari gli regalino un pensiero nuovo, perché questo li farà stare meglio e a te piace che la gente stia meglio… Oppure puoi recitare perché vuoi che venga riconosciuta la tua bravura, oppure per dimostrare di essere più bravo di qualcun altro, oppure per guadagnare tanti soldi. Esistono milioni di sfumature dei motivi che ti danno l’energia per recitare male. Esiste un solo modo per recitare bene e la tua buona recitazione dipende da quel che pensi del mondo fuori dal palcoscenico.
Una legge assoluta del teatro è che chi non offre mai un caffè a nessuno non avrà mai molto successo. Avrà al massimo uno sprazzo di successo.
Chi non è generoso non ha successo perché non desidera regalare un’ora di benessere a un gruppo di sconosciuti, non è lì sul palcoscenico per questo.
E questo non lo impari osservando le intonazioni del recitato ma ascoltando la sensazione che l’attore ti dà mentre recita, ma anche quando se ne sta seduto fermo ad ascoltare un altro attore.
Le persone emanano qualche misteriosa vibrazione che ci tocca e provoca in noi sensazioni sottili, che riusciamo a percepire solo se ci mettiamo veramente in ascolto. Non parlo di qualche cosa di mistico ma di sensazioni reali, che sentiamo chiaramente ma alle quali i più non prestano attenzione. La presenza di una persona mi fa sentire qualche cosa ed è questa presenza che determina il modo in cui leggo le sue azioni, e quindi è la presenza (la vibrazione, il feeling che mi dà, l’attitude) a determinare se quel che dice mi fa ridere o no.
Sono convinto che sia un fatto fisico, anche se misterioso.
Esiste una app che permette di valutare se una persona dice la verità o no analizzando le variazioni della luminosità della pelle attraverso l’immagine ripresa dalla fotocamera. Se la pelle è tesa la luce rimbalza di più che se la pelle è rilassata. Contrazione e rilassamento cambiano l’apertura dei pori della pelle.
In realtà è una app che non funziona, a oggi i sensori disponibili non sono abbastanza sensibili (questioni di numero di megabit e quantità di scatti al secondo) ma rende l’idea. Il nostro inconscio potrebbe essere in grado di percepire e analizzare queste variazioni. Oppure si scoprirà che possediamo un sensore ottico in grado di percepire fremiti microscopici del corpo che si differenziano per ritmo e intensità. Quando noi incontriamo una persona che non conosciamo siamo capaci di decidere se ci è simpatica o no in una frazione di secondo: ci dà una sensazione.
Il modo di essere di questa persona diventa una musica che ci piace o no.
La persona che abbiamo di fronte provoca in noi una cascata di micro sensazioni. Possiamo farci caso razionalmente oppure ignorare sommovimenti, sussulti, fruscii, sensazioni di caldo e di freddo, di movimento o di quiete, che percorrono per frazioni di secondo il nostro corpo.
Comunque sia, questo è l’aspetto determinante nelle relazioni.
E grazie a questo processo siamo spesso in grado di identificare comportamenti falsi, affettati, aggressivi, freddi, scivolosi, ruvidi, ambigui quanto modi di fare aperti, caldi, accoglienti, morbidi, sinceri…
E allora per migliorare come attore (ma vale anche per migliorare in generale), è necessario occuparsi del proprio modo di vedere il mondo che dà la direzione, il ritmo alla nostra attitude.
I trucchi non funzionano.
Ad esempio è determinante rispondere ad una serie di domande preliminari:

La vita fa schifo o ogni tanto sembra pure bellissima?

Il mondo sta andando a rotoli e tutto peggiora oppure vedi segnali che abbiamo la possibilità che migliori in maniera pazzesca?

Gli esseri umani sono tutti bastardi oppure ci sono decine di milioni di persone straordinarie che compiono ogni giorno il miracolo di seguire con impegno la propria coscienza e i propri desideri?

Tu sei una persona degna e incredibilmente bella, piena di amore da regalare e desiderosa di riceverne e meriti felicità e progresso oppure sei una merda putrida insignificante che ammorba l’aria?

Forse queste domande ti parranno stupide. Mi dispiace ma le domande intelligenti sono finite.
Se ti parrà inutile dedicarti a decidere la risposta da dare a queste domande, nel privato della tua anima, rinuncerai anche a rafforzare e armonizzare la tua attitude.

Nota linguistica sulla parola attitude: non esiste un’attitude negativa, esiste solo la mancanza di attitude. L’attitude non fa mai male e più ce n’è, meglio è.


Commenti

Tuo padre è un grande per antonomasia, lui e pochi sltri/altre hanno questo quid. Sono felice di averlo conosciuto (lui e Franca