Il violentatore non e' umano. E soffre di non esserlo.

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Su questo blog una donna ha pubblicato una lettera a proposito di come ci si sente dopo uno stupro.
Di come si vive poi.
Alcune persone hanno postato la loro esperienza e i loro consigli http://www.jacopofo.com/node/9046
Ecco la lettera di Miss Winter e il mio tentativo di rispondere.

Non riesco a dimenticare
Non posso dormire; ho paura di chiudere gli occhi e di sentire quella voce. Non riesco a dimenticare e non riesco a vivere. Mi chiedo se potro' mai tornare ad essere la persona che ero prima di quella notte.
A distanza di anni ho ancora paura, mi sento ancora sporca, e mi odio.
Perche' mi odio e non odio la persona che mi ha uccisa dentro? Me lo chiedo e non so darmi risposta, so solo che odio me stessa per quella notte, per quelle ore di tortura e per tutto quello che mi ha fatto. Mi odio per le sigarette spente sul mio seno, per il coltello alla mia gola, per tutte le volte che mi e' stato dentro in quelle ore di orrore. Mi odio e non riesco a smettere. Non riesco a smettere di farmi schifo per quello che mi ha fatto perche' deve aver visto qualcosa di terribile in me per volermi fare tanto male, deve aver visto chi ero dentro per volermi ferire e quello che ha visto lo ha disgustato.
Non sono mai riuscita a raccontare a nessuno tutti i particolari di quella notte. La vergogna che provo e' ancora troppo forte e non mi abbandona mai. Per questo mi isolo, passo le giornate da sola, cammino tenendo la testa bassa per non incrociare il mio sguardo con nessuno perche' non voglio che qualcuno possa leggere la verita' nei miei occhi.
Sento ancora la sua voce ogni giorno e quelle parole che mi ripeteva mentre mi violentava: "non vali niente puttana". Lo ripeteva, voleva che io lo ripetessi e l'ho fatto... cosi' tante volte da convincermene. Prima di lasciarmi andare mi ha sputato in faccia e urinato addosso. Le mie lacrime non erano niente per lui. Le mie suppliche non erano niente per lui. Non valevo abbastanza come persona per essere considerata in altro modo.
Non voglio piu' vivere cosi' ma non sono capace di guarire.
Miss Winter
 

Cara Miss Winter,
quanto dolore nelle tue parole. Innanzi tutto sento il bisogno di mandarti un grande abbraccio.
Quando avevo 17 anni mia madre fu rapita e violentata da un gruppo di fascisti armati. Poi la buttarono in un prato, con addosso ustioni e tagli.
Anche per lei e' stato un percorso terribile. Ed e' riuscita a reagire e ritrovare se' stessa solo raccontando quello che le era successo in un pezzo teatrale allucinante intitolato "Lo stupro".

All'inizio mia madre non volle dire che era stata violentata. Un conto e' essere picchiate e torturate, un conto e' essere violentate.
Quando me lo disse urlo': si sono divertiti con me.

Questa e' la parte piu' terribile dell'orrore di essere violentate.
La vittima, in un certo qual modo, crede di essere stata espropriata proprio perche' e' diventata oggetto di divertimento.
Tu descrivi con estrema lucidita' questo meccanismo terribile e il dolore che porta con se'.

Io non sono riuscita a oppormi alla violenza.
Io l'ho fatto divertire.
Io contengo qualche cosa di schifoso che ha dato modo allo stupratore di utilizzarmi.
Io ho vergogna e mi disprezzo.

Vorrei trovare le parole giuste per mostrarti che le cose stanno in modo completamente diverso.
Ma e' difficile. Anche mia madre trovo' naturale, sentirsi in qualche modo complice dei suoi torturatori.
Questa e' l'esperienza di milioni di donne che hanno subito violenza: sentire che esse erano vittime predestinate in virtu' di una colpa preesistente allo stupro.

Questa e' anche la giustificazione dello stupratore: eri una puttana, io te l'ho solo dimostrato.

Ma l'unica colpa che hanno milioni di donne che sono state violentate e' quella di essere nate donne in una societa' che disprezza le donne, che lavora per convincerle che la loro sudditanza e' giusta.
Antica astuzia dei potenti, fondamento della societa' patriarcale.

Io credo che il primo passo per iniziare a vedere l'assurdita' del senso di colpa per una violenza subita sia contemplare il fatto che sei stata condizionata a non vederti come una persona completa, bella, preziosa, unica e straordinaria.

Io credo che tutte le creature di questo mondo lo siano a pieno titolo, a pieno diritto.
Ma tu in modo particolare. Le tue parole, la semplicita' e la precisione con le quali descrivi la tua situazione sono un segno evidente di una grande forza e di una grande capacita' di comunicare.
Guardarsi dentro e raccontare le proprie sensazioni richiede una grande coraggio e un'estrema coerenza.
Quindi tu sei una persona di valore. E Dio mi e' testimone del fatto che non sto parlando tanto per dire.
Io lo credo.

E credo che tu sappia dentro di te che esiste un'altra verita'.
Non esiste solo la verita' dello stupratore.
Esiste la nostra verita', quella di gente che non vorrebbe mai essere responsabile di dolori inflitti.
Forse non la vedi in questo momento perche' hai ancora di fronte l'immagine sovrastante di questo povero pezzo di merda.
Prova a guardare la scena da lontano. Prova a spostare il punto di vista.

Chi e' questo povero stronzo?
Cosa ha dentro l'anima questo vomito?
Che valore ha?
Cosa e' capace di costruire?

Tonnellate di ricerche ci dicono tante cose su questi mezziviventi.
Sappiamo, ad esempio, che trascorrono molto tempo a ripetere mentalmente le loro fantasie sadiche.
Sappiamo che sono persone spezzate dentro che si aggrappano a ossessioni.
Le vivono mentalmente migliaia di volte prima di trovare la follia sufficiente per realizzarle.
E mentre lo fanno provano un’intensa scarica di endorfine, cocaina, anfetamina ed eroina naturali prodotte dal nostro organismo nei momenti di stress.
Una sensazione che si puo' anche definire piacevole ma che non ha niente a che vedere con il piacere sessuale e' tossicodipendenza da droghe fisiologiche.
Da Wilhelm Reich in poi, innumerevoli ricerche hanno dimostrato che gli stupratori e i sadici sono completamente frigidi sessualmente. Strutturalmente incapaci di sperimentare il piacere dell’orgasmo sessuale. Possono produrre un’eiaculazione ma non provano il piacere.
La differenza centrale tra il piacere orgasmico e una scarica di endorfine e' che il piacere sessuale e' un’estasi emotiva che lascia profondamente appagati emotivamente oltre che fisicamente. E’ una profonda esperienza fisica, mentale e spirituale che fa crescere la consapevolezza, lo spessore di una persona.
Gli stupratori invece sperimentano solo una scarica, un flash, mentre rappresentano le loro fantasie malate.
Un tipo di piacere che non soddisfa, non appaga, non fa crescere niente se non la coscienza, odiata e repressa, che non riesci a trovare un senso in questo mondo.
Il piacere dell’amore sessuale, la sensazione estatica dopo un accoppiamento allegro e pieno non sanno neppure cos’e'.
Non riescono neppure a immaginarlo.
Dopo l’eiaculazione si sentono frustrati proprio perche' ogni volta verificano l’incapacita' di provare un orgasmo, di vivere il piacere sessuale.

E come pensi che si senta uno stupratore?
E’ un poveraccio che in testa ha un martello che gli batte.
Lui ti ha sporcata con le sue parole: Sei solo una puttana. Ma lui cos’e'?
Cosa ha? Cosa vive?
N I E N T E
Nulla, nessun rapporto umano vero, nessuna emozione, nessuna prospettiva, nessuna forza, nessuna verita', nessuna vita.
Cos’e', cosa vale un essere che nella sua esistenza e' stato solo capace di infliggere dolore?
Avrebbe potuto vivere una vita.
Avrebbe potuto amare ed essere amato.
Avrebbe potuto creare arte, dare amore, consolare.
Invece e' stato solo una fonte di dolore.
Sterile.
Che merda.
Ma che dico. La merda e' in fondo profondamente nobile.
Questi esseri non sono nulla.

Sono bambini rifiutati.
Bambini torturati dall’assenza del contatto emotivo con i genitori.
Bambini che hanno urlato in silenzio per anni.
Bambini deformati dal dolore.
Bambini sciolti nell’acido del rifiuto.
Bambini che hanno appreso a ferirsi, a disprezzarsi e che poi, diventati adulti morti cercano di affermare la propria inesistente presenza usando la violenza per far sperimentare ad altri il proprio non essere.

Io credo che la prima medicina per una donna stuprata sia contemplare il vuoto di questi esseri.
Che cosa ti ha detto lui?
Ti prego, guarda tutta la storia nell’insieme.
Ti ha detto: tu fai schifo.
Ha trovato un modo orribile di dirlo.
Io credo che sia essenziale che tu veda che quello che tu hai sperimentato per ore e' quello che questo animale ha vissuto per ogni istante della sua vita. La differenza e' che tu l’hai sperimentato per un giorno ma hai sperimentato altro nella tua vita.
Lui no.
Lui e' soltanto quello, giorno e notte, estate e inverno.

Tu hai toccato col tuo corpo lo schifo che lui sente per se stesso.
Quella sensazione disgustosa che ti e' restata addosso E’ la sua sensazione di vivere.
Tu hai sentito per un istante un urlo eterno. L’urlo di chi ha subito l’annichilimento della sua vita.

Qualche tempo fa ho saputo i nomi di due degli esseri che hanno torturato e stuprato mia madre. Mi son detto: vado ad ammazzarli?
Non avrei nessun problema a ammazzarli, nessun senso di colpa.
Ma preferisco che continuino a vivere.
E ho la segreta speranza che una notte capiscano: avrebbero potuto avere un vita, invece hanno solo succhiato merda.
Avrebbero potuto conoscere l’amore, l’abbraccio di una donna, il riso di un bambino, un tramonto infuocato, l’onore di poter aiutare qualcuno, di poter coltivare alberi, di poter respirare l’aria e provarne una profonda soddisfazione. E magari avrebbero potuto anche avere rapporti sessuali appassionati e profondi con donne meravigliose.
Invece hanno stuprato mia madre.
Non c’e' peggiore punizione che essere quel che sono.
Cosa c’e' di peggio che vivere con uno stupratore dentro?
Io credo che tu potrai cambiare questo stato di prostrazione scoprendo quanto tu sia stata condizionata a vederti inferiore, a vedere chi ha potere su di te come migliore di te e a considerare possibile che esista gioia e appagamento al di fuori dell’amore e della tenerezza.

Puoi vedere lo stupro come un atto di potere assoluto di un dominatore su di te, oppure puoi vedere che hai incontrato un essere annichilito per il quale alla fin fine puoi provare solo pieta'.

L’unica tua complicita' con lui e' il fatto che tu condividi un millesimo del suo autodisprezzo.
Puoi liberarti di questo sentimento autolesionista, puoi lasciarlo cadere, abbandonarlo e avere pieta' per la parte di te stessa che ha potuto accettare l’idea, inculcata dal dolore, di non valere nulla.
Tu vali!
Hai diritto di riprenderti la vita.
Hai diritto di trovare il tuo personale modo di uscire da questa gabbia mentale.
E gia' io credo che tu lo stia facendo. Hai trovato il coraggio di scrivere. Complimenti.
E credo che quel ti ho scritto tu gia' lo sai.
Si tratta di metterlo in pratica.
Un grande abbraccio

Jacopo